Quella che ci lasciamo alle spalle è una settimana importante per Bruxelles. Il Parlamento europeo ha approvato mercoledì scorso la Risoluzione su coscienza europea e totalitarismi. Su mia proposta e di altri 10 deputati del Gruppo del Partito Popolare europeo, l’Europa arriva finalmente a riconoscere il totalitarismo comunista come parte integrante e terribile della storia comune d’Europa e chiede che la responsabilità per i suoi crimini sia accettata a livello europeo, così come da decenni si agisce per i crimini del nazismo e del fascismo.
Il Parlamento europeo è preoccupato per il fatto che la disintegrazione dei regimi comunisti totalitari in Europa non è stata seguita in tutti i casi da un’inchiesta internazionale sui reati commessi dai regimi stessi ed esorta tutti gli Stati post-comunisti a effettuare una valutazione morale e politica del loro passato recente e a fornire le risorse necessarie per la ricerca scientifica e l’accertamento dei fatti.
In dettaglio la risoluzione condanna i crimini commessi da tutti regimi totalitari, il Parlamento sottolinea il successo dell’integrazione europea e l’esigenza di evidenziarne le conquiste, anche con una visione comune della Storia. Chiedendo di mantenere vive le memorie del passato, sollecitando l’apertura completa degli archivi segreti, specie in Russia, auspica poi la proclamazione di una “Giornata europea del ricordo” delle vittime del totalitarismo.
Occorre sottolineare che la mancanza di un’autorevole valutazione morale e politica di questi crimini, in quanto potenziale fonte di frustrazione, cinismo e alienazione sociale per milioni di cittadini, deve essere vista come un notevole ostacolo alla formazione di solide società civili nei paesi post-comunisti e come un fattore che sta rallentando il ritmo di integrazione europea.
Tuttora, la situazione politica in Russia non è chiara. Il Parlamento ha rimarcato più volte come le ultime elezioni parlamentari e presidenziali avvenute in Russia si siano svolte «in condizioni nettamente inferiori agli standard europei», quanto all’accesso degli osservatori internazionali, alla capacità dei partiti dell’opposizione di schierare i candidati, all’equità e indipendenza dei media.
È stato osservato anche che la persistente incarcerazione dei prigionieri politici, il trattamento riservato ai difensori dei diritti umani e l’adozione di misure che erodono la libertà di espressione, «sono in contrasto con l’impegno (della Russia) a rafforzare lo Stato di diritto. Inoltre, la mancanza d’indipendenza della magistratura, la negazione del giusto processo a imputati coinvolti in cause politiche controverse, l’impunità nei confronti di chi perpetra azioni criminose, pongono seri dubbi sul sistema di giustizia ai deputati che, al riguardo, ricordano l’impegno assunto pubblicamente dal presidente Medvedev a rafforzare lo Stato di diritto in Russia.
Nei giorni scorsi è scoppiato il caso che riguarda il film Katyn del regista polacco Andrzej Wajda, uscito in Italia in sole 12 copie. La pellicola vuole mettere in luce e chiarire la storia dell’eccidio degli ufficiali polacchi perpetrato dai sovietici durante la Seconda guerra mondiale e a lungo attribuito ai nazisti tedeschi. Nessuno ha interesse a che il film sia proiettato, anzi si fa di tutto per acquistarne i diritti ed evitare così la diffusione dei contenuti e delle immagini. È significativo il fatto che, dopo oltre sessant’anni dall’atroce episodio, non solo manchi la volontà di ricostruire le responsabilità, ma anche si manifesti l’oscuro tentativo di celare i crimini del comunismo e le verità della storia.