«Oh! Noi non vogliamo dire di più davanti ai lutti e alle rovine dalle dimensioni tragiche, che sembrano superare ogni misura e rifiutare ogni conforto. Vogliamo comprendere e raccogliere in silenzio riverente il grido ineffabile di questa acerbissima pena. Ma una parola non possiamo tacere per i cuori forti, per gli animi buoni: niente disperazione! Niente cecità del fato! La nostra incapacità a dare una spiegazione, che rientri negli schemi abituali della nostra breve e miope logica, non annulla la nostra superiore fiducia nella misteriosa, ma sempre provvida e paterna presenza della bontà divina, che sa risolvere a nostro vantaggio anche le più gravi e incomprensibili sciagure. La Madonna rimetta col suo fiat, la pazienza, la speranza e anche l’Alleluia pasquale sulle nostre labbra e nei nostri cuori». Sono parole di Paolo VI, pronunciate il 9 maggio 1976, pochi giorni dopo il devastante terremoto del Friuli.
Che altro aggiungere? Forse solo ciò che lo stesso Papa Montini disse in quella stessa occasione, che cioè in questo «male che ci colpisce» possiamo intravvedere qualche barlume: «Il primo bene è la solidarietà; il dolore si fa comunitario, e nel nostro abituale disinteresse, e nelle nostre contese egoiste ci fa sperimentare uno sconosciuto amore. Ci sentiamo fratelli, diventiamo cristiani, comprendiamo gli altri, esprimiamo finalmente l’amore disinteressato, solidale e sociale. E poi impariamo a “vincere il male nel bene”, cioè a far scaturire energie positive di bene dalla stessa sventura che ci affligge».
Due giorni dopo il terremoto in Irpinia del 1980, Giovanni Paolo II si è recato personalmente sul posto. Anche lui attonito di fronte alla tragedia: «Ecco i sentimenti, le espressioni che mi vengono dal cuore. Come vedete, vengono con difficoltà, perché la commozione è maggiore della possibilità di parlare e di formulare bene le idee». Ma anche lui carico di speranza: «Io vengo, carissimi fratelli e sorelle, per dirvi che siamo vicino a voi per darvi un segno di quella speranza, che per l’uomo deve essere l’altro uomo. Per l’uomo sofferente, l’uomo sano; per un ferito, un medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote. Così un uomo per un altro uomo. E quando soffrono tanti uomini ci vogliono tanti uomini, molti uomini, per essere accanto a quelli che soffrono. Non posso portarvi niente più di questa presenza; ma con questa presenza si esprime tutto». Con essa, infatti, «si realizza la presenza di Cristo. E, con la presenza di Cristo, il mondo anche stigmatizzato dalla croce porta in sé la speranza della risurrezione».
E, in questa speranza, la tenacia concreta di tutto l’aiuto operativo che si può dare. E a proposito di aiuto operativo che si può dare vi segnaliamo l’iniziativa di solidarietà del Banco Alimentare.