C’è un aspetto che mi ha colpito nelle cronache lette o viste attorno a questo terremoto. Notavo come giornalisti e commentatori spesso con cipiglio andassero in cerca di spunti polemici, trovandosi invece davanti, ogni volta, la calma e la pazienza delle persone coinvolte nella tragedia e quindi colpite negli affetti o nelle cose. Una sola polemica è decollata per un momento sui siti e sui giornali: quella relativa alla previsione del terremoto avanzata da Giampaolo Giuliani. Ma anche quella polemica proprio non teneva. Primo, perché la previsione non centrava né i tempi né l’epicentro. Secondo, perché non faceva i conti con un elementare dato di realtà: che il terremoto è un evento ingovernabile, a cui è utopistico pensare di mettere le briglie. Certo, l’uomo può fare qualcosa; può preoccuparsi di costruire edifici che non si affloscino sotto le scosse della terra, specie se si tratta di edifici pubblici. Ma poi, ultimamente, deve accettare di fare i conti con l’imponderabile, con la paura e quindi con il dolore. La pretesa (o il sogno) di tenere sotto controllo tutta la realtà è solo frutto di isterie ideologiche, che alla fine rischiano di fare più danni dei terremoti stessi.



Detto questo, dobbiamo sottolineare che nella risposta che le istituzioni e le persone hanno dato alla tragedia abruzzese si è visto qualcosa di nuovo. Da parte delle istituzioni e del governo si è registrata una prontezza di reazione e anche una trasparenza di comportamenti inedite nella storia delle grandi emergenze nazionali. Esito di una politica pragmatica, magari dai modi a volte un po’ spicci, che però sa venire incontro ai bisogni concreti delle persone. Che in questo caso erano bisogni di grande urgenza e drammaticità.



La seconda cosa che si è vista non è forse nuova, ma è venuta allo scoperto con risvolti sorprendenti. Mi riferisco ai volontari di tutte le associazioni e organizzazioni iscritte nel Dipartimento della Protezione civile. In Italia, secondo le più recenti statistiche, sono ben 1,3 milioni le persone coinvolte (suddivise in 2500 organizzazioni). E tra queste sono 60 mila quelle pronte a intervenire nell’arco di poco tempo per emergenze sul proprio territorio. È una rete solidale che avevamo già conosciuto per le sue caratteristiche di altruismo e generosità, ma che in Abruzzo abbiamo visto muoversi con la competenza e la rapidità dei veri professionisti dell’emergenza. È un volontariato moderno, che dimostra di sapere stare al passo con i tempi. E che proprio per questo rappresenta un capitale sociale di grandissimo valore in cui credere e su cui seriamente investire. Il mix di gratuità e professionalità è un mix prezioso, un valore aggiunto che l’Italia può vantare rispetto a tutti gli altri sistemi paese.



È un volontariato che non ha la pretesa di essere l’antidoto ai terremoti. Ma che vigila e con pazienza, nella tragedia, ricuce i fili della fiducia. Perché davanti allo scatenarsi dell’imponderabile o si resta prigionieri della paura, oppure, con umiltà, con coscienza dalla propria finitezza e con un grande amore per la realtà e per la vita, si ricomincia a vivere e a guardare al futuro. In Abruzzo speriamo stia accadendo questo. Gli indizi, questa volta, fanno pensare che sia davvero così.