La designazione di Sonia Sotomayor alla Corte Suprema degli Stati Uniti continua a dominare la scena, malgrado l’attenzione sia stata attirata la scorsa settimana dal viaggio del presidente Obama in Medio Oriente e in Europa.
In un certo senso, questa nomina potrà avere maggior impatto sul futuro della vita americana di quanto possano avere gli avvenimenti in Medio Oriente, dato che la Corte Suprema ha la responsabilità di interpretare la Costituzione, cioè il documento da cui dipende l’esistenza degli Stati Uniti come nazione. Perciò, prima che ognuno dei cento membri del Senato dia il proprio voto sulla nomina, è necessaria una accurata, profonda e esauriente indagine attorno al candidato.
Si dovrebbe presumere che le politiche di parte non influenzino le scelte dei senatori, ma sarebbe ingenuo pensare che questo accada realmente, soprattutto nell’atmosfera fortemente conflittuale seguita all’elezione a presidente di Obama. Il tema principale in discussione in questi giorni è se Sotomayor sarà un “giudice attivista”, cioè un giudice volto a reinterpretare la Costituzione sulla base delle proprie preferenze ed esperienze culturali, o se si farà guidare solo da una rigorosa analisi giuridica di ciò che la Costituzione dice.
Sotomayor ha parlato dei vantaggi di essere una donna latinoamericana con esperienza diretta del razzismo, della povertà e della discriminazione, così in grado di capire meglio l’impatto di una decisione della Corte sui cittadini più indifesi. Queste dichiarazioni hanno allarmato i senatori Repubblicani per i quali l’ideologia conservatrice richiede la separazione tra le esperienze personali e l’interpretazione della legge. Le loro preoccupazioni sono perciò comprensibili e previste. Dall’altro lato, l’ideologia progressista sostiene l’attivismo giuridico, e i dibattiti tra le due fazioni potrebbero così chiarire alla maggioranza degli americani (la cui ideologia è il pragmatismo) lo stato attuale della storia del progetto nazionale americano.
In questa discussione, è emerso anche il problema di quanto Sotomayor possa essere influenzata dalla sua identità latinoamericana, rivelando come i latinoamericani, pur essendo la più vasta minoranza negli Stati Uniti, debbano fronteggiare uno sgradevole razzismo nel Partito Repubblicano, verso il quale hanno cominciato, peraltro, a indirizzarsi per non essere un semplice strumento a disposizione dei Democratici.
Molti osservatori hanno scritto su questo argomento, ma io parlo come un americano di origine portoricana. È vero che le nostre radici cattoliche in una cultura protestante ci hanno fatto pensare, giudicare e agire in un modo diverso, ma molti di noi pensano che sia proprio quanto può aiutare l’America nell’attuale battaglia all’ideologia secolarista. Questo ci libera dal seguire ciecamente l’agenda politica dei Repubblicani e dei Democratici. Non significa che noi siamo perfetti, o che i nostri giudizi sono sempre corretti: è una opportunità per l’America di estendere le possibilità di realizzare il sogno americano.
La Chiesa Cattolica ha cercato per decenni il modo per beneficiare della presenza latinoamericana, sulla base soprattutto dell’esperienza portoricana a New York. Il concetto di identità latinoamericana si è forgiato all’interno del cattolicesimo americano, non senza molte difficoltà. Il mondo degli affari, e la cosa non sorprende, ha visto e accolto queste opportunità in modo più acuto che non altri settori della società americana.
Comunque, le discussioni sulla candidatura di Sotomayor hanno rivelato le grandi difficoltà che ancora rimangono di fronte ai latinoamericani per poter dare un contributo reale alla vita americana. Nel frattempo, noi staremo a vedere come i partiti politici tratteranno questa materia e ne trarremo le conclusioni per orientare il nostro voto alle prossime elezioni.