Un paio di settimane fa, con una famiglia di amici rientrati in Italia dopo molti anni trascorsi negli Stati Uniti, si è discusso del seguente tema: la fiction “I Cesaroni” è pornografica? Le loro figlie infatti, capitate nel nostro Paese nel bel mezzo dell’estate, avevano visto in tv le repliche della fortunatissima serie in onda su Canale 5 (si sa che la strategia dei palinsesti di stagione è soprattutto affidata alle “riproposte”). E da lì era nata una discussione in famiglia poi allargata alla serata comune. Alla conversazione partecipavano anche alcuni giovani insegnanti di liceo.

La premessa sulla quale tutti ci eravamo accordati è che il termine “pornografico” non andava riferito ai centimetri di pelle scoperta degli attori/attrici, effettivamente pochi o irrilevanti, ma al senso dell’opera, al suo “messaggio”. La conversazione è stata animata e per la verità non ha raggiunto una risposta univoca.

Poi, qualche sera fa, l’ultima puntata replicata ha fornito ragioni sostanziose a chi propendeva per il sì. In una oretta di tv sono state emesse le seguenti sentenze: non c’è nulla di male nel farsi le canne; non c’è nulla di male a perdere la verginità con una prostituta; non c’è nulla di male a vessare i compagni di scuola secchioni e “sfigati” (il loro riscatto è anzi diventare come i vessatori); non c’è nulla di male nel fare sesso la prima o seconda volta che si esce con un nuovo conoscente. La puntata era complessa, con qualche vezzo psicanalitico, tipo il Cesaroni più anziano che riesce a portare a termine la sua “prima volta” soltanto se travestito da un’altra persona. Gli autori si sono in effetti sbizzarriti.

Messa alla berlina ogni “inaccettabile” severità della scuola nei confronti dei bulli, che invece vanno portati alla bontà attraverso il ricatto e le bugie, c’è stato poi tutto il tempo di cantare le lodi della prostituzione dolce, con le fattezze di una innocua e candida tardona, e naturalmente di soffermarsi sulla forza dell’amore che lega il figlio di lui (il Cesaroni giovane) alla figlia di lei (la seconda moglie): non sono nemmeno fratellastri, però l’allusione è pesante. Sorridono tutti i Cesaroni e fanno sorridere. Storie leggiadre alla Garbatella, dove tutto è lieve e il mare della vita è appena increspato dal turbine dei sentimenti, l’unica cosa che conti davvero.

L’altra famiglia non esiste più, è vecchia, è normale, è ovvia, stantia, noiosa, senza eventi e intrecci simpatici, ammuffita. Le fiction, dall’epoca del Medico in Famiglia con il leggendario Nonno Libero, ne hanno fatta di strada. Quest’anno adolescenti e genitori italiani hanno guardato I Cesaroni di Mediaset e Tutti pazzi per amore, della Rai (così è salva la par condicio), nella quale il nodo drammatico è il recupero del rapporto tra un figlio e il padre separato che dopo il matrimonio “tradizionale” si è scoperto gay e si è fidanzato con un uomo (tutto però si ricompone, in nome dell’amore).

Per tanto tempo i grandi drammi della famiglia e dell’amore sono stati raccontati dalla letteratura e dal cinema. E sono stati appunto drammi. Sulle pagine di Pasternak e Garcia Marquez si è pianto e il pensiero si è arroventato guardando Bergman o anche Antonioni o persino Allen. Ma oggi la tele-famiglia è solo commedia, una allegra commedia idiota e spaventosa, un delirio di superficialità e malizia.

Non date retta quando autori e direttori di rete (di destra, di sinistra e cattolici, non fa molta differenza) difendono le loro “opere” dicendo che “fotografano la realtà” e che “fanno ascolto”. È vera solo la seconda: fanno ascolto, esattamente come lo farebbe la pornografia “autentica” messa in prima serata. Sarebbe una scelta più onesta. E per la prima, beh, la realtà è ben altra cosa.