I “contadini del tessile” ce l’hanno fatta. Avevo raccontato qualche settimana fa le gesta di un discreto gruppo di imprenditori di stoffe e filati di varie zone del Paese che richiedevano la garanzia che il prodotto dichiarato “made in Italy” fosse interamente realizzato all’interno dei confini nazionali.

Una proposta di legge bipartisan, firmatari tra gli altri il leghista Reguzzoni, ma soprattutto il pidiellino Santo Versace, direttamente interessato in quanto presidente dell’omonimo gruppo della moda, e il veneto Calearo, esponente del partito democratico, tende a fare il punto una volta per tutte sull’uso dell’abusata etichetta “made in”.

La strada è ovviamente lunga e nel parlamento in cui si dichiara mille e si fa uno nulla è stato effettivamente raggiunto, ma almeno ci si inizia a muovere nella giusta direzione. Dopo analoghe iniziative di Coltivatori diretti su vino e olio, sembra proprio essere l’estate della tracciabilità dei prodotti. Una battaglia sacrosanta e dall’immenso valore simbolico, strategico ed economico.

È inutile infatti sostenere la qualità del lavoro delle nostre industrie, in ogni settore merceologico, per intercettare la voglia di prodotto italiano che è sempre più diffusa in giro per il mondo e poi subire la concorrenza sleale non dei cinesi, che lavorano sul costo e nel cui segmento di mercato saremo sempre meno competitivi, ma con imprese nazionali spesso di grandi dimensioni che fanno il doppio gioco.

Tra le altre molte notizie positive della settimana segnalo il progetto del ministro Tremonti, in avanzata fase di… studio, per una Banca del Mezzogiorno fondata attorno alle banche di credito cooperativo. Più che la necessità di una nuova banca per il sud, che peraltro nominalmente esiste già, mi convince che si pensi di costruirla attorno alla lunga e fruttifera esperienza, anche e soprattutto in tempi di crisi, delle piccole banche di prossimità dalla lunga storia di coinvolgimento con il territorio e con le imprese che vi operano.

Ecco, questo è a ben guardare l’altro tema economico dell’estate: il territorio. A quasi 150 anni dalla proclamazione dell’unità nazionale siamo ancora un paese di territori, ciascuno dei quali ha la sua forza e le sue debolezze. Può darsi che le “gabbie salariali” non siano la risposta giusta, soprattutto in termini gergali, ma una differenza media del costo della vita tra nord e sud del 16-17%, pone un indubbio dato di fatto di cui anche il costo del lavoro dei rispettivi territori dovrà tener conto. Del resto anche la banca del sud nascerà, se e quando nascerà, per sostenere le iniziative imprenditoriali in territori del paese in cui queste trovano maggiori rischi e dove dunque il costo del denaro è normalmente superiore.

Da questo scorcio di estate sembra dunque di poter affermare che l’economia del paese, almeno quella privata, si muova nella giusta direzione: battagliare per difendere nel tempo la propria specificità e riconoscere, potenziandole, le differenze dei singoli territori. Un made in Italy dei territori.