A Parigi ne hanno parlato un rappresentante della Santa Sede e un esponente di massimo rango dell’Unesco. A San Paolo del Brasile un leader popolare e un imprenditore. A Washington un giudice della Corte Suprema e una ex ambasciatrice. A Roma il ministro degli Esteri.

Quest’anno la trentesima edizione del Meeting di Rimini, che si apre tra pochi giorni, è stata preceduta da un giro del mondo di presentazioni e incontri, a confermarne il sempre più marcato carattere internazionale. Sono state anche l’occasione di ripercorre la storia del Meeting, che è bella avventurosa e imprevedibile. Una sera, un gruppo di amici si trovano a cena. Nasce una conversazione intensa. Sono cristiani, vivono la fede secondo la proposta di vita che loro ha fatto don Luigi Giussani, una proposta che si radica nel movimento di Comunione e Liberazione. È lì, in questa vita comunitaria che hanno imparato una fede che è passione per l’uomo, per la sua libertà e la sua ricerca.

Spunta l’idea di un incontro, di un’occasione di amicizia da proporre in giro per il mondo. Cultura, arte, scienza, economia, politica, fede. Uomini che nel mondo vivete cercando e cercate vivendo, uomini che avete delle proposte, delle esperienze, delle scoperte, che siete interessati al bene comune, che desiderate costruire, che volete aiutare, che amate l’altro, ecco una casa per voi, una casa sulla riva del mare. Dove incontrarsi e diventare amici. Vicino al mare, in mezzo alla folla che ancora a fine agosto riempie le spiagge di Rimini.

E così in quella sera del 1979, in una Italia cupa e opprimente, squassata dal terrorismo e dai misteri, nasce il Meeting per l’amicizia tra i popoli. Il mondo allora era molto diverso. C’era il comunismo ma non il telefono cellulare. Pochi usavano il computer e in molti paesi non c’era la tv a colori. C’era la guerra in Afghanistan e c’è ancora. La divisione dell’Europa sembra destinata a durare molto a lungo.

Da Rimini si buttano allo sbaraglio e coinvolgono realtà come il Movimento Popolare, Jaca Book, Il Sabato. L’idea prende corpo, la certezza che fa superare diffidenze, sproporzioni e mancanza di notorietà è tutti gli uomini, per il semplice e grandioso fatto di essere uomini, hanno in comune la domanda sul significato. In ogni cultura, in ogni ricerca, in ogni cuore umano pulsa imperiosa l’esigenza di trovare un senso, una risposta. Dice un grande pensatore contemporaneo, George Steiner, che la “condanna” a cercare il senso è ciò che rende degna la vita umana.

Dalla prima edizione del 1980 a oggi il Meeting ha fatto molta strada. In sei giorni la casa del Meeting si spalanca ai premi nobel della Fisica, a capi di stato, a teologi, scrittori, poeti, protagonisti della carità. Cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani, buddisti, non credenti. Dalla Spagna al Giappone, dall’Iran agli Stati Uniti, dall’America Latina a Israele, dall’Algeria all’Uganda. Giovanni Paolo II, Madre Teresa, Joseph Ratzinger, il Dalai Lama, Lech Walesa, Andrei Tarkovski…Impossibile fare l’elenco di quanti hanno visitato la casa del Meeting, inimmaginabile pensarli in quella cena.

Così disse Eugene Ionesco, dopo il Meeting dell’87: «Qualcuno voleva impedirmi di partecipare. Ma se avessi potuto starci un po’ più a lungo forse la mia vita sarebbe cambiata. Non più violenza, non più odio, non più rivalità o concorrenza. Vi ho incontrato una certa santità? Direi di sì. Non era né avrebbe potuto essere il paradiso, ma era una sorta di indicazione di primi passi di un cammino che avrebbe potuto condurmi là. Ciascuno si sentiva se stesso e al tempo stesso insieme. Il fenomeno degli incontri di Rimini mi ha portato l’equilibrio della serenità, di una sorta di saggezza, forse più di questo».

E non si può dimenticare il saluto di Giovanni Testori al popolo del Meeting: «Allora, grazie per questi dieci anni che mi avete dato, in cui mi avete sopportato, portato, aiutato, in cui mi avete abbracciato senza chiedermi niente di tutti i miei errori, di tutte le mie colpe, di tutte le mie stramberie, di tutta la mia disperazione. Grazie di aver fatto quello che avete fatto per tutti, per i morti e per i vivi, per chi crede e per chi non crede. Di esserci, di diventare sempre più così precisi, così più forti, stratificati e nello stesso tempo così più larghi, così più aperti, così più innamorati di quella disperante, sacra cosa, meravigliosa e dolorosa e anche gioiosa, che è la vita».

Attorno a quel gruppo di amici dell’inizio si è creata una realtà grande, di gente proveniente dall’Italia e da tanti altri Paesi del mondo: un soggetto umano capace di vivere pienamente dentro le vicende del mondo, di costruire, di essere responsabile, di impegnarsi per il bene di tutti; un soggetto cosciente, autocosciente, dell’amore che ha generato tutto, della bellezza che ce lo fa scoprire, della curiosità appassionata all’altro.

Il Meeting è la casa di questi uomini e di queste donne e delle opere che hanno costruito. Innumerevoli opere di carità e di scienza, di lavoro e di arte, di pensiero e di accoglienza. Esse testimoniano una realtà umana diversa: qualunque sia la sfida dei tempi, l’uomo può rispondere positivamente. In fondo il segreto del Meeting è tutto qui.