Alla fine, il presidente Obama è riuscito a richiamare l’attenzione del Paese sul problema sanità. Il risultato è stata una settimana non del tutto positiva per il presidente dal punto di vista politico. In un’intervista al Time Magazine, Obama ha riconosciuto che «questo è stato finora il test più difficile per me nella vita pubblica, nel tentativo di spiegare in termini semplici e chiari come sia per noi importante riformare questo sistema. Per me questo è del tutto evidente. Nelle riunioni con gli esperti, quando sento la litania di fatti che vengono esposti, mi viene da pensare che non dovrebbe essere così difficile farlo capire, perché l’utente americano non sta ricevendo un buon trattamento… e mi spinge a dedicare una quantità di tempo a pensare a come potrei descrivere la situazione nei termini più chiari possibili, così da riuscire a realizzare il sistema sanitario che gli americani si meritano».
Perché gli americani hanno tanta difficoltà a capire la questione? Non credo che abbiano problemi di comprensione, credo invece che gli americani percepiscano quasi istintivamente la minaccia a uno dei più importanti valori che definiscono la nazione americana, e precisamente il valore della sussidiarietà. Penso che sia la mancanza nel background del presidente di esperienza sul principio della sussidiarietà che gli rende difficile capire i pericoli sentiti invece, quasi istintivamente, dalla maggioranza del popolo.
Il punto è che gli americani pagano di più per ottenere una minore assistenza sanitaria rispetto a ogni altro paese industrializzato. Credo che molti americani sappiano questo e capiscano che vi è bisogno di una riforma dell’attuale sistema. La domanda che pongono è: a quale costo? La questione dei costi è stata descritta da Obama e dai suoi consiglieri in termini puramente economici, e senza dubbio l’aspetto economico è importante. Gli americani però temono che il modo proposto da Obama per affrontare la materia sia troppo rischioso e possa peggiorare la già critica salute economica del Paese. Tuttavia, secondo me, il rischio economico non è quello che più preoccupa la maggioranza degli americani.
Forse un esempio può chiarire l’affermazione. Nella proposta di riforma in discussione, tra le misure dirette al taglio dei costi è previsto che il governo federale si faccia carico della discussione tra dottore e paziente circa la possibilità di quello che, in tutta franchezza, appare come un suicidio assistito. L’Amministrazione insiste sul fatto che la decisione finale sul rifiuto delle cure sarà sempre del paziente e che il governo federale rispetterà questa decisione. Rimane il fatto che la possibilità di scegliere il suicidio assistito verrà pagata dal governo come una modalità di taglio dei costi e questo spaventa chi considera la scelta per la vita un principio fondamentale. Altri considerano questa possibilità come una porta aperta a una intrusione governativa in ciò che dovrebbe rimanere una questione privata e strettamente personale.
Un esponente della nuova generazione di conservatori ci ha detto recentemente che questo momento rappresenta un’opportunità per i consiglieri cattolici attorno a Obama. Lui stesso si è convertito dall’agnosticismo al cattolicesimo scoprendo la corrispondenza della dottrina sociale della Chiesa con le sue opinioni conservatrici, in particolare l’insegnamento della Chiesa sulla sussidiarietà.
Il punto è se i molti membri del governo e consiglieri del presidente cattolici riconosceranno questa opportunità di testimoniare come la dottrina sociale cattolica possa indicare la via per una riforma sanitaria che eviti intrusioni governative in materie così intrinsecamente personali. Perché questo avvenga, questi cattolici dovrebbero sostenere gli sforzi della Chiesa per dimostrare che la posizione in favore della vita è di fatto la vera base per il riconoscimento dell’assistenza sanitaria come diritto umano naturale.
Questo è il punto chiave della discussione, ma finora non è stato sollevato in quanto tale.