Mercoledì 7 ottobre al Parlamento europeo di Bruxelles andrà in scena l’ennesimo tentativo da parte della sinistra italiana di utilizzare il teatro europeo per colpire il Governo Berlusconi. In quella data Di Pietro e soci, con l’avvallo di Martin Schulz e del leader liberale Verofstadt saranno i figuranti di un dibattito sulla libertà di stampa in Italia.

Stavolta l’ennesimo processo si è trasformato in una farsa due settimane prima di compiersi. Venerdì scorso infatti tutti gli eurodeputati italiani sono stati ricevuti al Quirinale da Giorgio Napolitano, il cui discorso è consistito in una dura condanna della strategia diffamatoria di cui ho appena accennato.

Il Parlamento europeo «non può essere una cassa di risonanza dei conflitti e delle polemiche politiche che si svolgono nei singoli Paesi e per essi nei singoli Parlamenti nazionali; né può essere una sorta di istanza d’appello nei confronti di decisioni dei Parlamenti nazionali e di comportamenti dei governi nazionali. Vi sono sedi appropriate in cui possono essere contestate violazioni delle norme dei Trattati: la Corte di Giustizia del Lussemburgo; violazioni dei diritti umani: la Corte di Strasburgo; violazioni, o rischi di violazione, dei valori dell’Unione: il Consiglio Europeo, secondo le procedure sancite nell’Articolo 7 del Trattato di Lisbona».

Grazie alle parole del Presidente della Repubblica l’opinione pubblica italiana ha avuto un’ulteriore dimostrazione della concezione e dell’uso che fa dell’Unione europea la sinistra italiana e il suo leader di fatto Antonio Di Pietro. Ho voluto ringraziare personalmente il Presidente per quelle parole che hanno saputo cogliere i nodi cruciali in cui si dibatte in questo momento il progetto politico che chiamiamo Europa unita.

La visione profondamente europeista illustrata dal Presidente della Repubblica chiarisce una volta per tutte come l’Unione europea non debba essere concepita come tribunale in cui dirimere le controversie nazionali, bensì come volano della pace e dello sviluppo del mondo intero. Un progetto politico quindi a disposizione delle comunità nazionali e di un sentire europeo che mai può farsi pensiero omologante.

«La presenza dell’Italia nel Parlamento di Strasburgo ha sempre rispecchiato la scelta di fondo , per l’integrazione e l’unità europea del nostro Paese a partire dai lontani primi anni ’50 dello scorso secolo, che videro l’Italia tra i Paesi fondatori dell’Europa comunitaria. Una scelta portata avanti dal nostro Paese con una coerenza che si può riconoscere – tra i maggiori Paesi fondatori o divenuti successivamente membri della Comunità – solo alla Germania oltre che all’Italia», ha esordito il presidente.

«Penso sia importante anche acquisire il gusto dell’operare nel Parlamento europeo come luogo d’incontro e come Assemblea forte di un suo peculiare modo di essere, su cui non pesano contrapposizioni precostituite e rigide tra i diversi gruppi parlamentari. E fermamente credo che in questo quadro sia possibile il convergere tra i deputati italiani di diverse appartenenze politiche e di diverse affiliazioni ai Gruppi di Strasburgo: il loro convergere sui temi della costruzione europea, che sono l’oggetto esclusivo dell’attività del Parlamento di Strasburgo».

 

È auspicabile quindi che anche il Presidente della Commissione europea Barroso e Buzek, il neopresidente dell’Europarlamento, se ne rendano conto: in gioco non c’è il governo italiano, come spera la sinistra, ma la credibilità stessa dell’Unione Europea. Perché un conto è esprimere critiche legittime, altro è cercare di demonizzare uno dei Paesi membri con false accuse, seguendo un canovaccio strumentale messo a punto da Italia dei valori e alleati. Devono rendersi conto che questo non porterà alcun danno al presidente Berlusconi, ma sarà al contrario devastante per le istituzioni europee.

 

È davvero frustrante constatare che alla sinistra italiana, ma anche a quella europea, non interessi minimamente la crescente sfiducia di moltissimi europei nelle politiche di Bruxelles e quindi del rischio di vedere crollare definitivamente sotto i colpi dell’ideologia anti-berlusconiana il progetto che ha dato al nostro continente il più lungo periodo di pace e sviluppo della sua storia.

 

A 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, la sinistra riscopre insomma la strategia leninista. Si punta al discredito per ottenere l’annichilimento dell’avversario né più né meno come si è fatto per tanti decenni in Urss.