Che cosa accomuna, a quel che è dato di sapere, Benedetto XVI, la regina Elisabetta e il ministro Tremonti? L’essersi espressi nel corso dell’anno appena finito in maniera sostanzialmente negativa sull’operato degli economisti, equiparati a maghi e fattucchiere e incapaci di prevedere la crisi da cui non siamo ancora usciti.
Il limite, ovviamente, non sta nella modalità con cui questi operano, e cioè ricorrendo a sofisticate ricerche quantitative per anticipare e/o spiegare gli accadimenti, quanto nel credere sempre e comunque alle risultanze di tali lavori di ricerca anche quando queste cozzano contro l’evidenza della realtà.
Se i risultati di ricerca sono diversi dalla realtà è quest’ultima che è sbagliata. Ciò che sfugge alla loro interpretazione non mette in crisi il metodo di ricerca spingendoli a indagare nuove ipotesi più aderenti al reale, ma spesso li rinchiude a difesa dell’ipotesi di partenza, pronti ad accusare, esacerbati e orgogliosi, di superficialità a-scientifica i propri interlocutori. Dalla realtà non si impara nulla, perché nulla c’è da imparare.
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Ciò rimanda al tema delle variabili di misura ripreso la scorsa settimana anche da Tremonti. Non si misura infatti se non ciò che prima si è definito. Se per ricchezza di una nazione intendiamo un certo insieme di fattori, anche perché riconosciuti ed accettati a livello internazionale, poi la loro misurazione è un puro fatto tecnico.
Certo, quei fattori mettono in luce ed evidenziano una storia, dei valori, in sintesi un’ipotesi di ricchezza, ma ne nascondono anche altre. La prima vince ed è sempre in testa alle classifiche, le altre perdono, anzi spariscono. E’ il momento di impegnarsi a far emergere e a dare dignità anche ad altre ipotesi, nella certezza che, in questo come in tanti altri campi del vivere sociale, l’ottimo non esiste: tante sono le strade che portano a Roma, l’importante è arrivarci, non la strada che si percorre.
Su questo, tuttavia, si fa molta fatica a confrontarsi e a discutere, soprattutto in ambito accademico, perché pregiudizio e ideologia prevalgono sulla possibilità di un’utile sinergia tra diverse modalità di ricerca. E così si assiste alla crescita di importanza di fondazioni e network vari che liberi da vincoli di appartenenza e briglie metodologiche elaborano visioni, dati, giudizi, proposte molto più rispettose della realtà e dunque più utili allo sviluppo del Paese.