Il socialismo è tornato

Chiudere giornali e televisioni è una delle attività preferite dei capi del "socialismo del XXI secolo" dilagante in America Latina. E’ ciò che accade da qualche anno in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina

Chiudere giornali e televisioni è una delle attività preferite dei capi del “socialismo del XXI secolo” dilagante in America Latina. Le altre sono: modificare la Costituzione a proprio vantaggio (tipo conseguire un nuovo mandato presidenziale quando il testo lo vieta); nazionalizzare proprietà straniere; perseguitare la classe medio-alta; aumentare enormemente la spesa statale; dragare tutto il denaro privato possibile; infiammare gli animi dei tanti poveri e poverissimi distribuendo elemosine sotto forma di sussidi e buoni-spesa e soprattutto indicando loro ogni giorno un nuovo bersaglio.

E’ ciò che accade da qualche anno in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina. Tendenze simili sono in atto in Paraguay, ma la coalizione governativa che include una forte componente moderata ha finora garantito un argine. Ed è ancora presto per valutare la nuova presidenza uruguayana (vinta però da un ex tupamaro). Più saldi gli equilibri in Cile e Brasile, dove tuttavia non mancano populismi, statalismi e ostilità alla libera iniziativa sociale.

Dovunque regna l’anticlericalismo e la Chiesa è oggetto di continue campagne denigratorie alimentate dal rilancio della “leggenda nera” in questa stagione di festeggiamenti per i bicentenari delle indipendenze. Nella Plaza Grande di Quito il monumento celebrativo della “liberazione” 1809 propone un leone che conquista la libertà trascinando a terra i simboli degli odiati nemici, e tra questi la croce. Per fortuna il centro storico della città, affollato di magnifiche chiese barocche, è protetto dall’Unesco. Dall’anno scorso, non potendo eliminare la fede cristiana e la sua istituzione visibile, i capi del nuovo socialismo tentano anche la strada di una “chiesa autonoma e indigena”, forse ignorano che si trovano sulla stessa strada di Enrico VIII.

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Colpisce inoltre l’accanimento dei vari Chavez, Correa, Morales e Kirchner contro l’informazione. In genere è il segno più evidente del progressivo degenerare da una forma di autoritarismo (all’inizio legittimato dal voto) a una paradittatura che, scassato ogni equilibrio istituzionale, diventa poi difficilissima da rimuovere. In Argentina, un paese che non finisce mai di tracollare (si pensi che in certe regioni del nord si soffre la fame), i coniugi Kirchner (lei presiede, lui comanda) hanno dichiarato guerra totale al gruppo mediatico del Clarin. L’ecuadoriano Correa ha chiuso per alcuni giorni TeleAmazonas e ritirato la licenza persino ad una radio utilizzata dagli andini per comunicazioni di servizio e di aiuto.

 

Di Chavez, il modello cui tutti si ispirano, si conosce bene la strategia della soffocazione delle libertà di opinione. Recentemente ha nazionalizzato un grande lussuoso albergo dei “gringos”, che ora immiserisce tra sporcizia e disservizi, come i finti grandi hotel di Mosca e Varsavia del pre-1989. Insieme ai giornali viene tagliata l’elettricità, altro fattore tipico del socialismo vecchio e nuovo. Per alcune ore al giorno e secondo una turnazione di quartieri, occorre usare le torce (ma le batterie sono scarse) o le candele, di cui tutte le case sono ricche. Chavez ha ordinato di non superare i tre minuti per farsi la doccia.

 

Del resto il fantasioso caudillo ha inventato anche la “mezz’ora legale”, per non darla vinta a quegli imperialisti che due volte all’anno vogliono imporre l’ingiustizia dell’ora intera. Potrebbe essere solo ridicolo se tutto ciò non riguardasse la vita di decine di milioni di uomini.

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