Si sta cercando di diffondere, in modo molto strumentale, l’idea che il nuovo decreto sul fisco regionale potrebbe fare aumentare le imposte. Si dice: “Il Governo non aumenta le imposte, ma le fa aumentare alle Regioni”. Questo giudizio è così superficiale che merita di essere subito chiarito. E’ vero che, come diceva Einstein, è più facile spaccare un atomo che rompere un pregiudizio, ma gli argomenti stavolta sono così chiari che vale la pena di provare.



Cominciamo con ordine: le imposte sono proporzionali alla spesa. Più aumenta la spesa, più aumentano le imposte. Se non si riduce la spesa, non si possono diminuire le imposte. I miracoli della moltiplicazione dei pani e dei pesci la politica non riesce a farli e quindi altre soluzioni sono impossibili. Ora in Italia, dopo la disastrosa riforma del Titolo V della Costituzione, la spesa non discrezionale di Regioni ed Enti locali supera quella statale.



E’ proprio riguardo a questa situazione che il federalismo fiscale introduce una nuova tracciabilità di questa spesa decentrata, attraverso i costi/fabbisogni standard che rendono trasparente quanto è spesa efficiente e quanto è spreco. Oggi non c’è tracciabilità, c’è un sistema istituzionale confuso e pasticciato che diffonde, ad esempio, lo “scaricabarile” delle responsabilità: il Sindaco scarica sulla Regione le responsabilità del suo dissesto, accusandola di non avergli trasferito i soldi per gli asili, la Regione accusa lo Stato di non avergli dato i soldi per la sanità e così via in una chiara confusione di responsabilità, che porta a fatti come i rifiuti di Napoli, dove la colpa non era di nessuno.



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Poi in questo contesto di confusione capita che i Bassolino di turno vengano rieletti con maggioranze bulgare. I costi di questo pasticcio istituzionale generato dai meccanismi della finanza derivata sono stati pagati da tutti i contribuenti italiani e in piccola parte da quelli locali. Il Governo Prodi stanziò la cifra spaventosa di 12 miliardi di euro per 5 Regioni del Sud in extradeficit sanitario. E’ bene chiarirlo: quei 12 miliardi non si sono miracolosamente materializzati dal nulla, qualcuno li ha tirati fuori.

Chi? A tirali fuori siamo stati noi, tutti i contribuenti italiani, che si sono visti “mangiare” una fetta delle tasse pagate per i servizi (pensavano) ma che invece sono andate a finanziare sprechi. Così tutti i contribuenti italiani hanno pagato una cifra variabile tra i 200 e i 1.000 euro pro capite. Eppure oggi le Regioni che hanno beneficiato di quel ripiano, sono ancora in forte disavanzo. I soldi dove sono finiti?

Il nuovo decreto sul fisco regionale serve a scrivere, una volta per tutte,la parola fine su queste dinamiche e prevede che gli sprechi non siano più coperti dai ripiani statali pagati da tutti i contribuenti. Il nuovo decreto ottiene questo risultato disponendo che l’addizionale regionale all’Irpef potrà essere gradualmente innalzata per arrivare, dal 2015, fino al 3%. Un Governatore che non riduce gli sprechi se la dovrà vedere con i suoi elettori e non potrà più sperare sul ripiano pagato da tutti. Se non si arrestano certe dinamiche come si potranno ridurre le tasse?

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Da quando nel 2005 sono stati introdotti i piani di rientro ed è scattato l’aumento automatico, in caso di disavanzo, dell’addizionale regionale Irpef, la crescita annua della spesa sanitaria che fino ad allora era del 6% è scesa al 3%. Vuol dire che la responsabilizzazione secondo il principio “chi rompe paga” ha fatto da deterrente alla crescita di una spesa che altrimenti sarebbe stata comunque a carico della fiscalità generale, cioè di tutti i contribuenti.

Tutti noi, se non si fosse fatto così, avremmo visto portarci via, per finanziare sprechi, una parte delle imposte pagate. Se quel sistema ha fatto ridurre sprechi che sono ancora molto forti nel settore, bisogna continuare su quella strada, con deterrenti forti che spingano a risanare situazioni inaccettabili di alti costi e bassissima qualità. Il decreto sul fisco regionale, inoltre, mette in atto una serie di meccanismi di governo del sistema che impediscono l’aumento ingiustificato delle imposte regionali, e saranno infine previste sanzioni radicali come il fallimento politico.

E’ quindi l’esatto contrario del pregiudizio che si vuole diffondere. La realtà piuttosto è un’altra: il nuovo decreto sul nuovo fisco regionale pone realmente le premesse per una concorrenza al ribasso sulla pressione fiscale: chi risparmia riducendo sprechi e pletore, può ridurre l’Irap, attirando quindi imprese e sviluppando nuovi gettiti. Questa concorrenza virtuosa è l’essenza del vero federalismo.