Scrivo questo articolo nel Columbus Day, il Giorno di Colombo, festa nazionale che si celebra il secondo lunedì di ottobre in tutti i 50 stati e nei territori degli Stati Uniti. Tuttavia, i singoli stati e territori possono scegliere di celebrare la ricorrenza, come festa locale in aggiunta a quella nazionale, il 12 ottobre, cioè il giorno dell’effettivo arrivo di Colombo nel Nuovo Mondo. É questo il caso di Portorico, dove io sono nato.

Per i primi 17anni della mia vita ho festeggiato il Columbus Day il 12 ottobre, che veniva chiamato el Dia del Descubrimiento (Il giorno della Scoperta) e, insieme a tutti gli altri Paesi di origine spagnola, el Dia de la Raza, il Giorno della Razza (ispanica).

Quando andai a studiare alla Catholic University of America, a Washington, DC, il Columbus Day non veniva celebrato, non ancora festa nazionale e ignorato a livello locale, malgrado il DC stia per District of Columbia. La cosa non mi sorprese più che tanto, dato che gli ispanici a Washington allora non erano così numerosi come oggi.

Ciò che invece mi sorprese fu che quel giorno venisse considerato innanzitutto una festività per celebrare la comunità italo-americana degli Stati Uniti. Gli italo-americani mi dicevano che Colombo era nato a Genova (ignari del fatto che al tempo non vi era ancora il concetto di nazione italiana). Io replicavo che non aveva importanza dove fosse nato, perché era stata la Corona Spagnola a rendere possibile la sua scoperta e che lo stesso Colombo considerava il suo viaggio come l’inizio di un potente impero spagnolo, aiutando così gli sforzi della Corona tesi a riconquistare i territori persi a favore dei musulmani (la Reconquista).

Le mie contestazioni non servirono a nulla e mi fece arrabbiare vedere che a New York, dove il Columbus Day è una festa importante, la cerimonia ufficiale si svolgesse a Columbus Circle sotto una statua di Colombo che mi ricordava quella di Old San Juan, a Portorico. Guardando questa statua era ovvio che Colombo si considerava un rappresentante della Corona Spagnola, a differenza di New York, dove veniva ricordato come un italiano!

Gli italiani hanno altri personaggi che hanno giocato un ruolo fondamentale nella storia di questo emisfero (si pensi solo ad Amerigo Vespucci, dal quale l’America trae il suo nome). Invece, gli italo-americani utilizzavano una festa americana  per onorare un uomo che non ha mai messo piede in nessuno dei cinquanta stati!

Continua

 

Oggi, naturalmente, questa discussione è diventata del tutto irrilevante. Per i moderni “progressisti” italo-americani e ispanici, Colombo è una figura imbarazzante. La nuova ortodossia secolarista vede la “scoperta” europea del continente come una tragedia per le popolazioni native, con la distruzione delle loro culture e tradizioni, per non parlare delle morti e dei danni causati dalla diffusione delle malattie provenienti dall’Europa.

Oggi, l’unità nella diversità originata dall’incontro tra le culture europee e quelle americane è rifiutata come inumana. Viene cercato un nuovo tipo di unità nella diversità, ma su cosa una simile civiltà può essere costruita?

Si arriva così al tema che ha dominato I miei pensieri in questi giorni che precedono le elezioni di novembre, e cioè la politica e i santi.

Abbiamo bisogno di santi. Solo loro possono costruire una vera unità nella – in verità dalla –  diversità. Furono i santi che affermarono la nostra comune umanità durante la prima colonizzazione delle Americhe, sia al nord che al sud, come ci ha insegnato Papa Giovanni Paolo II nella Ecclesia in America (si noti una Chiesa e una America!), e come ha riaffermato Papa Benedetto XVI nel suo discorso ad Aparecida in Brasile.

Sono i santi di oggi che possono dare questo contributo all’attuale dramma europeo e americano. Solo i santi possono rispondere con fatti alla colonizzazione secolarizzante (sia progressista che conservatrice) in atto ai nostri giorni. La ricerca della santità, della conversione, è davvero la nostra più alta priorità, come lo è sempre stata.