Diego Della Valle inaugura a Casette d’Ete, comune marchigiano di cui la famiglia è originaria e in cui l’azienda calzaturiera di proprietà è stata fondata e tuttora opera, un asilo nido offerto alla comunità. In Trentino-Alto Adige e in Veneto sono ancora oggi funzionanti diverse secolari Magnifiche Comunità, Fiemme, Ampezzo e Asiago sono solo degli esempi, che amministrano proprietà indivise di prati e boschi nell’interesse esclusivo dei “vicini”, come vengono spesso chiamati gli aventi diritto, quasi sempre uomini residenti in alcuni comuni della zona e loro eredi maschi. Università e ospedali nascono in Italia centinaia di anni fa per iniziativa dal basso della chiesa locale o di singole famiglie imprenditoriali e tuttora molti di questi enti fanno riferimento a fondazioni, pubbliche o private.



La nostra Protezione Civile, che così efficacemente è intervenuta anche nel recente terremoto in Abruzzo, può certo contare su centinaia di tecnici regolarmente stipendiati, ma deve i propri successi all’intervento di migliaia di volontari, per tutti si ricordi l’Associazione Nazionale Alpini, ad essa coordinati ma autonomi. Che cosa lega tra loro fatti così diversi? Si tratta di esempi di società civile, persone o enti, che si assumono responsabilità non previste dalla legge, non motivate da ritorni economici diretti, ma per concorrere al bene comune, per restituire parte di quanto si è guadagnato con il contributo di tutti, per rispondere al bisogno delle persone.



Per qualche giorno sui giornali si è discusso di Big Society, un modo nuovo per dire una cosa antica: l’urgenza e la convenienza di avere meno stato e più società. In particolare, Michele Salvati e Maurizio Ferrera hanno sottolineato, sia pure in termini diversi, lo stesso dato negativo: ottima idea, ma da noi non può funzionare perché troppe sono le carenze sociali, politiche, istituzionali. Poi il tutto è sparito dalla circolazione.  Viene da dire: al solito! La realtà ci propone decine di esempi in cui ciò si è realizzato e, se di antica tradizione, ha saputo giungere fino a noi con buoni risultati, ma ciò non oltrepassa la lente di osservazione dell’intellettuale che, guardando invece dall’altra parte, scopre insormontabili e, sia chiaro, vere difficoltà che spesso ha, però,  contribuito a erigere. E’ proprio vero: solo molta osservazione e poco ragionamento conducono l’uomo alla verità.



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E’ così che l’inglese Phillip Blond, direttore del think tank Res Publica, ideatore del marchio Big Society e per questo consulente di Cameron, a precisa domanda risponde, sempre sul Corriere: ”Da voi la mia idea è già diventata realtà in alcune parti del Paese … anche grazie al ruolo delle organizzazioni religiose che sono spesso la colla che tiene insieme una comunità. Voi italiani da questo punto di vista siete avvantaggiati.”

Come per le piccole e medie imprese, che peraltro sul territorio svolgono anch’esse un ruolo molte volte sussidiario rispetto all’iniziativa pubblica, si tratta di fare conoscere queste esperienze che sono diffuse molto più di quanto si pensi, che raggiungono, limitatamente al proprio scopo, centinaia di migliaia di persone, che assumono modalità molto diverse le une dalle altre, ma che alla prova dei fatti sembrano scomparire.

Occorre inoltre impegnarsi affinchè tutte quelle associazioni, alcune con più di un secolo di storia, nate dal basso e con la stessa finalità di cui qui si parla tornino con decisione alle proprie origini per ritrovare nuova linfa e rinnovata energia: Confartigianato, Coldiretti, CNA, Banche di Credito Cooperativo nacquero nell’ambito del movimento cattolico o operaio e, dopo gli anni del collateralismo politico, rischiano oggi di perdere parte della propria originalità.