Lasciamo perdere la libertà di educazione, la Costituzione, il diritto dei genitori a scegliere l’educazione per i propri figli, la sussidiarietà, tutti gli altri paesi europei e in generale occidentali che vanno fieri di un sistema che riconosce la parità scolastica.

Dimentichiamoci la storia che ci dice che le scuole nate dagli ordini religiosi o da laici sono sorte per rispondere a un bisogno reale, lasciamo stare i sondaggi che dicono che ci sono tanti genitori che vorrebbero mandare i propri figli alle scuole paritarie ma non possono, non parliamo del fatto che pressoché quasi tutti i partiti a parole vogliono la parità scolastica e si intende che questa sia non solo giuridica ma anche economica. Lasciamo perdere tutte queste parole e pensieri.



Non ci interessa, come la definirebbe qualcuno, la filosofia. In momenti difficili per la situazione economica generale e con un debito pubblico gigantesco, l’unica bussola deve essere pratica e quindi economica. Bene e allora voglio essere pragmatico e dimostrare, numeri alla mano, che tagliare alle scuole paritarie è svantaggioso per lo Stato e che la parità scolastica farebbe risparmiare miliardi di euro allo Stato.



Il realismo è un esercizio che in politica fa molto bene, e il realismo inizia analizzando i dati, perché il metodo di ricerca è opportuno sia imposto dall’oggetto. L’oggetto in questione è il costo dell’educazione. I numeri che elencherò provengono dal Bilancio previsionale dello Stato italiano per il 2011, dal Ministero della pubblica istruzione, dagli Uffici Regionali scolastici e dalla Corte dei Conti.

Lo Stato italiano per la voce istruzione scolastica nel 2011 spenderà 42 miliardi di euro, per il contributo alle “istituzioni scolastiche non statali” la previsione di spesa per il 2011 è di 281milioni di euro, con un taglio rispetto al 2010 del 47%. Un bambino che frequenta una scuola statale costa in media all’anno: 5361 euro se frequenta la scuola dell’infanzia, 5570 euro all’anno se frequenta la scuola primaria, 5857 euro alla secondaria di primo grado e 5556 euro alla secondaria di secondo grado.



Se lo stesso bambino frequenta la scuola non statale grazie ai contributi il costo per la collettività è di: 584 euro per l’infanzia, 866 euro per la primaria, 106 per la secondaria di primo grado e 51 euro per quella di secondo grado. Questi numeri, si capisce, non tengono conto del taglio previsto per il 2011 che se fosse confermato dimezzerebbe i numeri appena citati per le scuole non statali.

Il risparmio a bambino per anno è di facile calcolo. Per la scuola dell’infanzia per ogni bambino che frequenta una scuola paritaria lo stato risparmia 4777 euro, che diventano 4704 per la scuola primaria, 5751 euro per la secondaria di primo grado e 5505 per quella di secondo grado. Siccome sappiamo quanti sono i bambini che frequentano le scuole non statali possiamo anche arrivare a definire il risparmio complessivo, che è pari 4 miliardi e mezzo di euro.

Qualcuno, pragmatico più dei numeri che ho dato, potrebbe obiettare che sono medie statistiche e quindi non reali. Insomma molte spese che lo stato già effettua per l’istruzione sono fisse e quindi all’aumentare dei fruitori non aumenta di conseguenza anche la spesa. Se, per assurdo, domani tutte le scuole non statali chiudessero, lo stato italiano “risparmierebbe” i 281 milioni di euro dei contributi alle paritarie e dovrebbe anche trovare aule, insegnanti, banchi, lavagne, materiale, pulmini, palestre, mense per 1 milione di alunni che attualmente studiano in 12.500 scuole con 44.000 classi. Lo Stato italiano ce la farebbe a fare tutto questo con il cosiddetto risparmio di 281 milioni di euro o se volete anche con quanto ha dato nel 2010 ovvero 536 milioni di euro? Forse con questi soldi ce la farebbe a pagare un paio di nuove scuole da costruire, ma nemmeno troppo grandi.

 

Abbiamo fatto, fino a ora, il conto valutando solo i contributi pubblici, ma come sappiamo le scuole paritarie chiedono una retta mensile. Ebbene da un’indagine delle organizzazioni delle scuole cattoliche è emerso recentemente che sommando la retta mensile e il contributo statale in media si arriva alla metà del costo sostenuto dallo stato per chi frequenta le scuole pubbliche.

 

Per il momento poi abbiamo ragionato, numeri alla mano, partendo dal presupposto che rispetto alla situazione data ci sia un ridimensionamento dei contributi alle paritarie. Se a cambiare fossero invece i contributi e le forme di contribuzione, verso una reale parità scolastica, lo Stato si troverebbe una riduzione della domanda di istruzione statale e una riduzione dei costi.

 

Dopo ogni indagine è necessario saper emettere un giudizio a proposito dei risultati. Se il criterio di giudizio è dato da propri convincimenti anche questi numeri verranno manipolati, se si è seri con questi numeri si dovrà riconoscere che la parità scolastica è pragmaticamente conveniente anche all’economia di uno stato. Tutto questo non tenendo conto di tutto quanto accennato in premessa.