Guarda il Tg de ilsussidiario.net con interviste e approfondimenti sull’assemblea nazionale della Cdo “Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine”, tenutasi ieri a Milano

La politica che serve al Paese non è quella che abbiamo visto negli ultimi mesi. Una certa classe politica si è staccata dalle esigenze dei cittadini, confermando la sua lontananza dalla reale base popolare e diventando sempre più autoreferenziale.

Assistiamo ad un circolo vizioso fra autoaffermazioni senza contenuti e rappresentazioni mediatiche senza valore. Proprio in un momento di crisi economica e finanziaria il bene comune, che chi ha una responsabilità politica deve servire, è diventato una variabile, cedendo il campo ad altri interessi personali e partitici. Ad aggravare la situazione, si aggiunge l’influenza dei media che distraggono continuamente dalla realtà e stimolano una strumentale emotività, indebolendo in questo modo il più prezioso patrimonio civile che è l’educazione.

Ma questa crisi politica ha la sua origine anche nella pretesa di risolvere i problemi affidandosi esclusivamente alla forza del potere, appunto, politico. Siamo di fronte quindi ad un problema più profondo, ad una perdita di un metodo nel fare politica, che non riconosce più il primato della società e che non è radicato nell’esperienza reale del popolo.

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Nel suo discorso alla Democrazia Cristiana ad Assago nel 1987, Don Giussani ha citato Pasolini con la costatazione che «uno Stato di potere, cosi come tante volte ne abbiamo testimonianza oggi, è immodificabile; lascia, al massimo, spazio all’utopia perché non dura, o alla nostalgia individuale perché è impotente». E continua: «Politica vera, al contrario, è quella che difende una novità di vita nel presente, capace di modificare anche l’assetto del potere. Cosi, la politica deve decidere se favorire la società esclusivamente come strumento – manipolazione di uno Stato e del suo potere – oppure favorire uno Stato che sia veramente laico, cioè al servizio della vita sociale secondo il concetto tomistico di “bene comune”…».

 

La vita della società è fatta di migliaia e migliaia di famiglie che stanno mantenendo il tessuto sociale di questo paese, anche con i loro risparmi che compensano, tra l’altro, l’enorme debito pubblico. La vita sociale è fatta di migliaia e migliaia di imprese profit e non profit che lottano giorno per giorno per affermarsi sui mercati nazionali e internazionali, facendo sforzi immani per non licenziare nessuno. Ed è fatta di aggregazioni sociali, che liberamente rispondono al bisogno che incontrano, contribuendo alla “tenuta sociale” del nostro Paese.

 

L’Italia funziona ancora ed è rimasta, nonostante tutto, fra le prime nazioni industrializzate, perché c’è un popolo vivo che lavora. Il metodo è uno solo: ripartire dalla società civile, valorizzare le sue energie e il suo senso di responsabilità. E l’Intergruppo per la sussidiarietà, che proprio in questi giorni di confusione ha promosso, con la collaborazione scientifica della Fondazione per la Sussidiarietà, un momento di autorevole confronto, dimostra che questa strada è possibile e percorribile.

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La situazione delle famiglie, delle imprese e di tutti i corpi intermedi richiede che si volti pagina:
– Il paese ha bisogno di un governo autorevole e coeso e di un’opposizione propositiva e costruttiva;

 

Urgenti sono riforme che favoriscano il lavoro, liberino le imprese, sostengano la famiglia, rendano il fisco più giusto e meno oppressivo;

 

Non si può più aspettare ad introdurre la sussidiarietà come base del federalismo, che deve favorire la responsabilità di chi governa;

 

Non si può più aspettare a riformare il welfare, che senza una adeguata valorizzazione dei soggetti privati che ne costituiscono il tessuto è destinato a crollare.

 

Anche per sostenere l’occupazione è importante approvare subito lo statuto per le imprese e al più presto lo statuto dei lavori.

 

Bisogna dare vera stabilità al “5 per mille”, uno strumento veramente innovativo di sussidiarietà che non può rimanere condizionato dall’andamento economico.

 

E non si può più aspettare a realizzare la parità scolastica, che sarebbe un grande contributo per la riforma del sistema scolastico in quanto tale. Dovrebbe essere fra i primissimi punti sull’agenda politica, perché non si tratta di un privilegio ma di un sostanziale contributo alla riforma del sistema scolastico in quanto tale – facendo risparmiare lo Stato.

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Anche rispetto a un certo modo di fare giornalismo e di operare nei media si deve voltar pagina. Serve un giornalismo veramente basato sui fatti e non sulle insinuazioni, orientato sui temi decisivi per la popolazione. Soprattutto si deve uscire dalla coltivazione costante del sospetto, contro il quale nessuno si può difendere.

 

Abbiamo bisogno di un giornalismo veramente libero e non asservito ad un disegno di potere, di qualunque colore sia. Non c’è solo il rischio di una crescente sfiducia nei confronti della politica, ma anche nei confronti dei media, che vengono sempre di più percepiti come intrattenimento e non come mezzo di informazione. Invece di farci uscire dalla confusione spesso la alimentano.

 

Occorre liberare le energie che ci sono nelle imprese, nelle famiglie e nelle associazioni e far in modo che le fasce più deboli della popolazione possano essere aiutate. A breve finiranno la cassa integrazione e le moratorie per i debiti delle imprese, mentre stenta la ripresa economica. Imboccare oggi la strada di una crisi “pilotata” o non “pilotata” che durerà mesi per poi andare alle elezioni, è contro l’interesse vitale del nostro Paese.

 

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Va ricercata con tutte le forze, e se necessario con i dovuti sacrifici, la via di un dialogo ragionevole tra le forze politiche nel rispetto del bene comune. Alle elezioni si potrà ricorrere solo come extrema ratio per evitare governi tecnici e pasticci politici che aggraverebbero la situazione.

La Compagnia delle Opere è pronta a dare il proprio contributo. Non ci siamo mai tirati indietro: abbiamo sempre presentato e presentiamo anche oggi le nostre proposte per le riforme, partendo dalle tante esperienze positive che grazie a Dio ci sono, in un dialogo aperto con tutti.

Siamo convinti della nobiltà della politica e del suo compito, siamo contrari alla facile denigrazione dell’impegno politico. Ed è per questo che siamo cosi interessati che si torni a riconoscere e a seguire l’unico metodo giusto: servire il bene del popolo, riconoscendo la libertà di ognuno e valorizzando la responsabilità di tutti.