Santa Lucia e Dante

La figura di santa Lucia è legata alla luce e si festeggia proprio in uno dei giorni in cui la luce diurna è più breve

È confortante che il calendario proponga proprio oggi la festa di santa Lucia. Il 13 dicembre è uno dei giorni in cui la luce diurna è più breve, quasi facesse fatica – soprattutto qui, a Milano – a vincere la tenebra della notte. Ti svegli che è ancora buio e solo molto lentamente qualcosa simile al sole, che non vedi, da dietro la nuvolaglia proietta una luce lattiginosa. A metà pomeriggio tiri su la testa dal computer ed è già scuro. Manca la luce. Ed è santa Lucia.

La Leggenda aurea di Jacopo da Varazze, vera summa dell’agiografia medievale, prima di raccontare la storia di un santo, dà informazioni sul significato del nome, in cui è già contenuto il significato della sua vita. Ecco la spiegazione di quello della santa del 13 dicembre: «Lucia deriva da luce. La luce infatti è bella da vedere, dato che essa è tale che fa risplendere tutte le cose belle. Si diffonde inoltre senza perdere purezza, per quanto sordidi siano i luoghi dove penetra; i suoi raggi sono costantemente dritti, percorre una via lunghissima in incessante movimento». Ed ecco l’applicazione alla vita della martire siracusana: «La conformità del nome è dovuta al fatto che la beata vergine Lucia brilla della purezza della verginità senza alcuna macchia, infonde la carità, drittamente si rivolge a Dio, senza mai deviare».

Per questa etimologia spirituale del suo nome, santa Lucia è diventata la protettrice della vista, colei che salvaguardia gli occhi, gli strumenti con cui noi percepiamo la luce. Nell’iconografia tradizionale la martire è spesso raffigurata con un piattino a una coppa nella quale ci sono, appunto, due occhi. La ragione non sta in un qualche particolare del suo martirio – prima hanno tentato di bruciarla e poi l’hanno finita con un colpo di spada alla gola -, ma proprio nella caratteristica indicata dal suo nome.

Caravaggio, supremo maestro della luce, non raffigura la santa nella posa tradizionale, col piattino degli occhi. Egli, nella tela conservata a Siracusa, coglie il momento del seppellimento. Più di metà del quadro, la parte alta, è una volta scura, incombente, come il buio di questi giorni. A semicerchio intorno alla santa ci sono i cristiani che l’accompagnano alla sepoltura: i familiari affranti, piangenti, il vescovo che benedice. Davanti, possenti, i due becchini che scavano la fossa.

Lei, Lucia, è stesa per terra. Il braccio destro sporge in avanti verso noi che guardiamo, la testa è arrovesciata, il collo mostra la ferita della spada. La scena è buia. Ma su quel viso vibra la luce. La tomba che si sta scavando non sarà l’ultima parola su quella giovane vita. La sua carità verso i poveri, la verginità difesa in modo eroico, l’incrollabile certezza della fede l’avranno vinta sul buio della morte.

 

Così come la vicenda di un’oscura fanciulla siracusana fatta uccidere dal prefetto romano all’inizio del quarto secolo ha vinto sul buio del tempo. Sulle orme di Dante. È Lucia che invia Beatrice a soccorrere il poeta disperso nella selva oscura. È lei che gli permette di superare un insormontabile ostacolo nella salita al purgatorio, mostrando «li occhi suoi belli». Ed è lei che Dante contempla nella sfolgorante luce del paradiso, seduta in uno degli scranni più alti della candida rosa.

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