È tutto un talk show?

Un titolo e una colonna musicale bellissimi, un impianto ideologico cattivissimo, due conseguenze rilevanti: questo il bilancio di Vieni via con me

Un titolo e una colonna musicale bellissimi, un impianto ideologico cattivissimo (tracimante tra sorrisi e abbracci), due conseguenze rilevanti. Vieni via con me si è imposto come programma televisivo dell’anno divinizzando Raitre al punto che il suo cattolico direttore ha potuto mandare a quel paese gli inani e goffi capi-azienda, schiere di politici e commentatori così come milioni di italiani tra i quali moltissimi cattolici.



Succede sempre così: in nome della mia libertà mi prendo ogni libertà, compresa quella di essere intollerabilmente fazioso e presuntuoso e di rinunciare a ragionare. Fatevi il vostro programma, ha risposto l’autore-conduttore Fabio Fazio (nomen omen) a chi rimarcava come l’esposizione dei casi Englaro e Welby fosse stata almeno unilaterale.



Già, ma dove sta la Raitre di altri autori, di altri conduttori, di altre idee? In quale pianeta vive un direttore di rete (Rai o non Rai) che ama cercare, inventare, investire, proporre? A quale numero di telefono rispondono i dirigenti tv che hanno voglia di pensare e i potenti che invece che chiedere favori personali li inducano a pensare?

Certo non è un problema di Fazio, ma potrebbe avere un piccolo catalogo al riguardo. Comunque la sua sprezzante risposta ha avuto una conseguenza positiva: mai come in queste settimane si è sentito parlare in tv di vita e di morte, cose appena un pochino più serie della media dei contenuti dei cosiddetti contenitori. Programmi del mattino e talk show serali si sono precipitati a “dare spazio” alle famose “altre storie” raccogliendo l’appello di Avvenire. C’è però un inghippo: se non ci fosse stato Fazio? Triste è quella situazione televisiva in cui per porsi occorre opporsi, ma dobbiamo accontentarci.



Una seconda conseguenza positiva è l’istantaneo invecchiamento dei vari talk show al cospetto di Vieni via con me, i cui promotori hanno dimostrato che si può andare oltre Annozero-Ballarò-Porta a Porta-Matrix, e di tutte le loro repliche disseminate in tutte le reti tra la Uno e la Sette (Sky al riguardo continua a tacere, e non è un bene). Luci, scena, ospiti, testi, tempi, temi, modi: si può fare. Il salotto, l’arena, i gladiatori, il conflitto precostituito, tutti questi sistemi di videogioco da anni uguali a se stessi sono parsi subito bisognosi di una bella rinfrescata, di un soffio di vita nuova. E anche di questo occorre a malincuore ringraziare la coppia Fazio-Saviano (nel gioco della torre salviamo senza esitazione quest’ultimo).

Saprà la Rai, almeno la Rai, rispondere ai fendenti che arrivano dal fortilizio ideologico di Raitre? Si accettano scommesse. Intanto l’uscita di Gianfranco Fini (un paio di mesi fa) sulla privatizzazione della tv pubblica aveva fatto sperare chi vorrebbe un assetto di sistema più trasparente, più liberale e più libero che si poteva tornare a riflettere seriamente sul nostro e sugli altrui modelli: francese, inglese, tedesco – sistemi televisivi tutti migliori del nostro, sia chiaro.

 

Ma come spesso accade nella politica italiana, e in particolare in quella finiana, è la tattica a contare e non i contenuti, e dunque il tema è scomparso con la stessa velocità con cui era riapparso. Anzi, oggi siamo davanti a chi, come il ministro Romani, vuole addirittura incatenare il canone Rai alla bolletta elettrica per “stanare” quei tanti italiani che non lo pagano (e non è passato troppo tempo da quando i giornali di centrodestra e la Lega lanciavano campagne contro il canone contro la Rai di sinistra).

 

Il principio è che “si presume che chi ha l’energia elettrica in casa possegga anche un televisore e semmai dovrà dimostrare il contrario”. Roba da governo del popolo (senza libertà).

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