Addavenì 2011

Le convulse battute finali di questo 2010 regalano momenti sconcertanti. Dall’emergenza neve alle dimissioni del ministro Prestigiacomo

Le convulse battute finali di questo 2010 regalano momenti sconcertanti. Venerdì scorso il disastro autostradale toscano, cui è seguito lunedì un “tesissimo” vertice convocato al ministero: la conclusione? Tutti si sono chiamati fuori: il ministro che non si sente di ordinare il blocco della circolazione dei mezzi pesanti (come al solito “è stato un problema di informazione e coordinamento”), la Protezione civile che ha smentito di aver sottovalutato le previsioni e ha dato la colpa ai camionisti, le Autostrade che non si sognano di rimborsare gli automobilisti bloccati dozzine di ore sotto la neve, le Ferrovie che distinguono sofisticamente tra circolazione ferma e “gravi ritardi”. Aspettiamo dunque la prossima nevicata e tutto si svolgerà nello stesso modo.



Lunedì sono usciti due dati impressionanti. Riguardano i vertici estremi, l’alto e il basso della nostra società, realtà distantissime tra loro e che però ci aiutano a capirla: il carcere e i soldi. Nel primo caso siamo al sessantacinquesimo detenuto suicida, un ventiquattrenne che si è impiccato nel carcere di Genova.



Il funzionamento del sistema penitenziario è un buon criterio di giudizio sul funzionamento del sistema politico e di quello giudiziario. Se il primo è pessimo – e lo è – che dobbiamo pensare dei secondi, inerti e indifferenti circa le condizioni di vita nelle prigioni?

Nello stesso giorno sono arrivati i dati sul patrimonio delle famiglie italiane. I numeri confermano in modo clamoroso quel che quasi tutti sanno e riconoscono: l’Italia tiene perché tengono le tanto bistrattate e neglette famiglie (do you remember Family Day?). Poi però c’è il fisco, che riesce a essere occhiuto e vorace e insaziabile proprio con quei redditi e quei gruppi sociali che puntellano il Paese (al punto che quelli di Libero hanno evocato il fantasma di Visco e chissà quanto si sarà infuriato Tremonti). E il fisco è un secondo eloquente criterio di giudizio del nostro vivere comune.



Martedì, un curioso botta e risposta tra il presidente del Consiglio e la figlia, Barbara Berlusconi. Mentre lui all’ennesima domanda dell’intervistatore di Matrix Vinci rispondeva “veline nel governo? Soltanto un’infamia, sono tutte donne bravissime”, lei dichiarava a un mensile che la Carfagna “è passata dai Telegatti al governo, si fa fatica a cogliere i suoi meriti” (forse ne discuteranno a casa durante le feste; da notare poi nel fluviale monologo presidenziale su Canale 5 la nuova datazione della fine della Guerra Fredda, e cioè 2002 e non 1989, e la nuova assegnazione della medaglia a chi l’abbia fatta finire, SB e non GPII).

Mercoledì, giornata dedicata al “movimento” studentesco e di protesta sociale che, tranne situazioni minori, ha per fortuna scelto di non scontrarsi con la polizia e di non bruciare automobili private. Hanno bloccato qualche tangenziale e marciato per quartieri periferici, con qualche sprazzo di creatività situazionista e infinite geremiadi sul presente e sul futuro, mentre un paio di rettori, tra cui quello della più grande e disorganizzata università d’Europa, approfittavano della distrazione generale per infilare tra le facoltà nuore e figli.

 

Nessuno ha spiegato a questi giovani che l’unica cosa seria che avrebbero dovuto chiedere è l’abolizione del valore legale della laurea, simulacro di un mondo che nel mondo di oggi vale pochissimo. Ma confidiamo che l’immensa maggioranza degli altri studenti, quelli che non sono stati accolti al Quirinale e che dall’università vogliono uscire rapidamente (alcuni dandosi da fare per costruirla), queste cose le sanno.

 

Infine, l’abbandono traumatico del Pdl da parte del ministro Prestigiacomo. Ennesimo tra i recenti misteriosi avvenimenti della nostra politica senza pace e senza senso. Addavenì 2011.

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