Sembra essere diventata una terribile abitudine quella di un Natale di sangue per le comunità cristiane nel Mondo: la sera del 24 dicembre 2010, la Nigeria è stata il teatro di un nuovo inquietante episodio della cristianofobia. I “talebani” nigeriani hanno assaltato chiese cristiane in almeno tre città del paese africano, uccidendo non meno di 80 persone.



La regione nordorientale di Jos, già di recente luogo di scontri tra etnie diverse, è una zona molto povera, dove la tensione stratificata nel corso di decenni di risentimenti tra i gruppi autoctoni, per lo più cristiani o animisti, sta pesantemente aumentando a causa della prepotenza dei migranti e dei coloni provenienti dal nord musulmano.



Uno di questi gruppi è il movimento fondamentalista xenofobo, molto attivo dal 2004 nella area di Maiduguri, nella Nigeria nordorientale. Si tratta di un movimento populista composto per gran parte di giovani disoccupati e non istruiti che non parlano inglese ma solo arabo e la lingua locale chiamata hausa. Sono contrari alla Costituzione e allo stato federale e si battono per uno stato islamico puro secondo criteri di drammatica violenza urbana.

Il gruppo sottolinea la validità di una violenza dissacrante a tuttotondo che prende di mira tutto ciò che ha a che fare con l’Occidente, ad esempio i libri dell’Occidente, ma anche l’abbigliamento, la religione e la laicità dell’Occidente, nonché la democrazia e il capitalismo industriale.



In Nigeria il cristianesimo è una realtà molto viva e radicata nella società. Molto influenti sono, infatti, alcune associazioni di chiese cristiane evangeliche battiste e pentecostali. Religione e politica sono da sempre connesse in Nigeria: c’è grande competizione tra le chiese protestanti e le diverse correnti islamiche, moderate e integraliste, che sono in perenne lotta per il potere.

L’Islam fondamentalista si batte contro il monopolio religioso degli ordini Sufi, i grandi ordini mistici della Nigeria. I cristiani per loro rappresentano l’Occidente e la democrazia. Il loro obiettivo è l’imposizione a tutti della Sharia, che è già applicata in 12 stati nel nord della Nigeria con conseguenze devastanti per i diritti umani della popolazione.

 

In Terrasanta, dove mi sono recato nei giorni scorsi proprio per dare sostegno ideale alle comunità cristiane perseguitate, ho incontrato parecchi pellegrini nigeriani: il loro timore è proprio che si possa arrivare alla sharia imposta ai non islamici.

 

I cristiani sono vittime, come accade in gran parte del mondo, di un vero e proprio progetto di potere. Negli ultimi cinque anni, le persone uccise per odio religioso sono quasi sempre cristiane: tre su quattro, secondo un recente studio Osce.

 

La Nigeria è uno dei paesi più importanti della dell’Africa subsahariana: è membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è un paese produttore di petrolio a livello globale, detiene un ruolo guida in seno alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Eecowas), è uno dei paesi che contribuiscono maggiormente alle operazioni di mantenimento della pace, nonché un fattore di stabilizzazione nell’Africa occidentale.

 

Per tutte queste ragioni la stabilità e la democrazia del paese rivestono una grande importanza direttamente oltreconfine: gli effetti della crescente violenza in Nigeria potrebbero essere devastanti anche per le comunità cristiane dei paesi limitrofi, ma anche per il già lento sviluppo economico dell’intera regione.

Se questi attacchi dovessero continuare nell’indifferenza delle autorità nigeriane, sarebbe indispensabile per l’Ue sospendere gli effetti dell’accordo di Cotonou finalizzato allo sviluppo dei paesi Acp per questo paese. Non può esserci, infatti, sviluppo economico a discapito dei diritti umani. Considerando che l’Unione europea è uno dei donatori finanziari principali per la Nigeria (il 12 novembre 2009, ad esempio, la Commissione europea e il governo federale della Nigeria hanno sottoscritto il documento strategico per paese e il programma nazionale indicativo per il periodo 2008-2013 per la Nigeria, in virtù dei quali l’Ue finanzierà progetti intesi, tra l’altro, a garantire la pace, la sicurezza e i diritti umani), l’Alto Rappresentante della politica estera Ue, Catherine Ashton, deve lanciare un preciso segnale di monito nei confronti del governo nigeriano.

 

In Nigeria, come in India, Pakistan, Cina, Iraq, Iran, e molti altri paesi, rapporti economici e aiuti vanno vincolati alle garanzie di tutela delle minoranze, religiose ed etniche.