Al vertice di Copenaghen il presidente colombiano Alvaro Uribe aveva mandato un segnale di preoccupazione: «Rischiamo una grande siccità». Ma l’allarme era andato perduto davanti ad altre priorità, come la questione climatica o la crisi finanziaria mondiale o il terrorismo internazionale.

E poi si tratta della Colombia, uno dei paesi al mondo più ricchi di acqua: come è possibile rischiare la siccità? Eppure da qualche tempo avveduti analisti profetizzano che le prossime non saranno le guerre del petrolio ma dell’acqua (che anzi già contribuirebbe a conflitti e instabilità presenti in Medio Oriente e nella regione dei Grandi Laghi africani).

Se si eccettua il Nordafrica e la Penisola Araba, le zone del mondo messe peggio dal punto di vista della disponibilità di acqua per abitante sono l’Europa (Russia esclusa) e l’Asia. Meglio stanno Stati Uniti e Russia, benissimo Oceania, America Latina e un bel gruppo di paesi africani.

I bacini acquiferi del Guaranì (Paraguay, parte del Brasile, nord dell’Argentina) e dei Grandi Laghi (Uganda, Congo e vicini) sono i più estesi del mondo. Il Cile dispone della riserva più massiccia, con i suoi 3100 ghiacciai,e il Brasile gode del miglior rapporto tra acqua (13% della disponibilità mondiale) e popolazione (3% del pianeta).

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Questi i dati sui tavoli, poi c’è la gestione concreta del bene acqua, che è tutt’altra cosa: spreco, corruzione, inefficienza, irresponsabilità minacciano molto più da vicino il vero tesoro della Terra di quanto non ci rendiamo conto.

In Italia l’esempio più incredibile e scandaloso è l’acquedotto pugliese, definito il più bucato e inefficiente d’Europa: passano le amministrazioni democristiane, di destra e di sinistra, eppure resta lì con tutti i suoi buchi e inefficienze, a ricordare le promesse mai mantenute di generazioni di politici e di partiti.

Lo stesso Brasile disperde il 40% dell’acqua, contro una media mondiale del 20, in Argentina oltre 7 milioni di persone (quasi un sesto della popolazione) non accedono all’acqua e quasi la metà del Paese non dispone di una distribuzione sicura. E tutti ma proprio tutti i fiumi dell’Asia che attraversano centri urbani ne escono disperatamente inquinati, mentre nell’Africa subsahariana si cerca l’acqua scavando pozzi perché parlare di reti è ancora surreale.

Ma a parte le dispersioni e l’incapacità, c’è anche il tema globale, che anno dopo anno sta diventando strategico: come agirà chi disporrà di troppa poca acqua? E come agirà chi ne avrà in abbondanza?