Ho passato l’ultima settimana in ospedale per seguire un mio parente ricoverato, così non ho avuto la possibilità di seguire i notiziari per preparare il mio articolo. D’altra parte, proprio l’assistenza sanitaria è uno degli argomenti al momento più dibattuti negli Stati Uniti e il dibattito sta rivelando molto sulle aspettative degli americani in questo momento della storia del sogno americano. Questa settimana, perciò, parlerò di alcune mie impressioni sul ruolo della Chiesa cattolica nell’attuale dibattito sull’assistenza sanitaria.

Due articoli sull’argomento hanno attratto la mia attenzione durante la settimana spesa in un ospedale cattolico nell’area di New York City. Il primo riguardava il futuro di uno dei più famosi ospedali cattolici della City, il St. Vincent’s Hospital, situato nella zona storica dell’East Side della City. La sua vicinanza a Ground Zero, la sua reputazione di struttura sanitaria di prim’ordine, così come la sua preoccupazione “cattolica” per i poveri e i deboli, il supporto spirituale e la sensibilità religiosa sono venuti in evidenza specialmente dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001.

Ora, l’ospedale ha dovuto apportare forti tagli al suo budget (circa 300 impiegati licenziati la scorsa settimana) per cercare di sopravvivere ancora per qualche tempo, ma gli osservatori non sono ottimisti sul fatto che St. Vincent’s possa sopravvivere come ospedale cattolico. Infatti, potrebbe finire come per altri ospedali cattolici di quest’area: comprati da potenti istituzioni ospedaliere for profit, che possono offrire il meglio della tecnologia e della tecnica.

Sono andato a far visita al mio dottore in uno di questi ospedali nel Bronx, si chiamava “Nostra Signora della Vittoria”, una piccola struttura al servizio della comunità, aperta all’incredibile varietà della popolazione della zona. Ricordo che fuori dell’entrata principale c’era una statua della Madonna, quasi ad accogliere i suoi variegati figli e figlie nella loro comune casa a condividere, anche nella malattia e nel dolore, la vittoria di Suo Figlio. La statua, ovviamente, non c’è più e la cappella col Santissimo Sacramento è ora una sala di meditazione.

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Ho chiesto alla segretaria del mio dottore, una “portoricana di New York”, se avesse già lavorato lì prima che l’ospedale diventasse parte dell’impero sanitario Montefiori, e lei ha risposto di sì. Le ho chiesto allora se avesse notato differenze tra adesso e prima, e lei mi ha detto: “Ora c’è più efficienza, ma manca qualcosa: il calore, il calore umano associato alla Nostra Signora” (non credo che abbia letto il riferimento di Dante al “caldo…” nel suo Inno alla Vergine!).

 

“Un calore più umano”: questa segretaria portoricana del Bronx aveva fatto esperienza di ciò che definisce un ospedale cattolico. Va da sé che un ospedale cattolico debba fare ogni sforzo per dotarsi del personale più qualificato e delle più avanzate tecnologie e che debba mirare a un’eccellenza reale e non accontentarsi di essere un “posto piacevole” in cui andare quando si è ammalati. Il calore percepito dalla segretaria, il calore che caratterizza un ospedale cattolico, non è una informe “benevole atmosfera”. È invece il calore di una Presenza concreta con una faccia e un nome: Gesù Cristo.

 

Per i cattolici l’umanità è data dal riconoscimento che ogni persona è una relazione particolare, unica e irripetibile con Lui. Se la Chiesa fosse incapace di offrire la testimonianza della Presenza che guida i suoi ospedali, allora dovrebbe tentare altre forme di assistenza sanitaria.

 

Il secondo articolo che mi ha colpito era relativo all’introduzione, in diverse strutture sanitarie, della “chirurgia robotica”, nella quale il paziente viene operato da macchine guidate da un dottore-tecnico, invisibile perché alla console in un’altra stanza. La notizia mi è sembrata orribile se confrontata con il calore umano proprio degli ospedali autenticamente cattolici e mi è sembrata la cancellazione definitiva di un simile calore.

 

Anche l’ospedale dove ho passato l’ultima settimana sta lottando per mantenere la sua identità cattolica. Il problema è visto soprattutto in termini finanziari, invece che sotto il profilo di come dovrebbe essere un vero ospedale cattolico, cioè il luogo della Presenza su cui è fondato ogni nostro contributo alla vita umana. In tal senso vi sono diversi segni preoccupanti.

 

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In questo ospedale è avvenuto il miracolo, riconosciuto dalla Santa Sede, che ha portato alla canonizzazione della prima santa americana di nascita: Santa Elisabetta Seton. Nella hall che porta dall’atrio agli ascensori c’è un grande ritratto di Madre Seton, all’entrata della cappella dove è custodito il Santissimo Sacramento. Tuttavia, non sono riuscito a trovare una sola persona nell’ospedale che conoscesse questo importante evento della nostra storia. L’Eucaristia non viene celebrata nella cappella dell’ospedale, ma in una casa per anziani collegata all’ospedale e nella parrocchia in fondo alla strada, nello stesso isolato dell’ospedale.

 

Ho chiesto a una suora perché nell’ospedale non fosse celebrata alcuna Messa e la risposta è stata: “Perché non vi sono molte persone in grado di frequentare la Messa e quelli che vogliono assistervi possono andare alla casa di riposo o in parrocchia”. Ho tentato di spiegarle che la celebrazione dell’Eucaristia non ha nulla a che vedere con il numero dei partecipanti, e se solo una persona, un paziente vi partecipasse, varrebbe la pena di celebrarla. Se anche nessuno vi andasse, la Messa rimarrebbe il miracolo alla sorgente di tutti i miracoli, incluso quello che ha portato alla canonizzazione di Madre Seton. Il nostro rapporto con l’Eucaristia è il primo passo di ciò che ci fa umani e perciò di quel calore che rende un ospedale veramente cattolico.

 

La perdita di sensibilità verso il cuore della vita cattolica spiega perché non vi sia neppure una croce sul piano dove è ricoverato il mio parente. Che io sappia, nessuno ha chiesto che venissero tolti i crocifissi, ma lo hanno fatto. Il calore umano generato dalla fede cattolica si sente ancora in questo ospedale grazie alla forte presenza della comunità ispanica, da cui provengono per la maggior parte i pazienti e il personale dell’ospedale. Ma fino a quando durerà? Affinché questo ospedale possa essere salvato come un vero ospedale cattolico, molte Elizabeth Seton dovranno adoperarsi per produrre un altro, grande miracolo.