Lentamente ma inesorabilmente, nota La Stampa, in commissione Giustizia alla Camera avanzano le proposte per il cosiddetto divorzio breve, per il quale si prevede “di arrivare a un testo unico su cui raggiungere un accordo entro aprile”. Si tratta di iniziative bipartisan, dal momento che tra i promotori di quella che definiscono essi stessi “semplificazione” ci sono deputati Pdl. Dunque, altro che processo breve, altro che semplificazione legislativa (chi le ha più viste?): brevità e semplicità sì ma per il marito e la moglie che intendano diventare ex davanti alla legge e alla società.
È necessario? È indispensabile? È prioritario? È giusto? Abbiamo un Parlamento che fatica moltissimo a legiferare su temi cruciali epperò non si fa mancare nulla quanto a faccende che giacciono in fondo ai cassetti. Negli anni sono stati annunciati piani e progetti di ogni genere, dalla casa al lavoro alla formazione alle imprese alla giustizia al fisco, e si è visto ben poco. La vita politica nazionale vive sotto l’impulso di un roboante, perenne “effetto annuncio”.
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Si ricorderà come dopo il “family day” di piazza San Giovanni due anni fa fosse scattata una fantasmagorica gara tra chi avrebbe maggiormente protetto e tutelato le famiglie, in quanto da tutti riconosciuto soggetto fondamentale e indispensabile di ogni aspetto della vita sociale, dall’educazione al welfare. Interminabili discussioni su quozienti familiari e sostegno alle mamme lavoratrici, coraggiose esaltazioni del sistema francese, impegni solenni circa incentivazioni a giovani coppie. Ne è restato poco o nulla.
Oggi nel Parlamento dalla memoria corta sperano di abbreviare i tempi del divorzio, per essere naturalmente “in linea con l’Europa” – mai che dal nostro caro vecchio continente riusciamo a prendere qualcosa di buono. Lo registriamo con mestizia e rassegnazione, sapendo che non è questo il primo né l’ultimo dei fendenti impartiti sul “nucleo fondante della società”. Una istituzione che occorre ulteriormente “modernizzare” (e sappiamo bene cosa questo significhi), anche perché, dicono i relatori dei vari disegni, le cause di separazione “intasano i tribunali”, dal momento che quasi un matrimonio su tre finisce davanti al giudice (sarà poi vero?). Così siamo al paradosso: l’unica strada per salvare la giustizia è la rapida dissoluzione della famiglia.