Chris Matthews è uno dei più importanti giornalisti delle televisioni via cavo americane e conduce ogni giorno un programma sulla rete MSNBC, network diventato negli ultimi anni “la voce della sinistra” nel mondo dei notiziari.
Ho incontrato Chris al matrimonio di un comune amico, un autorevole giornalista, ebreo, intellettuale progressista del Partito Democratico. Chris, molto sorpreso di vedere in un simile ambiente un monsignore cattolico totalmente e felicemente a suo agio con il magistero della Chiesa sulla fede e la morale, ha chiesto di potermi parlare. Penso per capire meglio da dove potesse uscire un soggetto come me.
Sfortunatamente non siamo ancora riusciti a incontrarci, a causa dei suoi impegni per mettere insieme ogni giorno un programma in una situazione politica così agitata come quella successiva alla campagna elettorale del 2008, specialmente per l’emergenza del ”fattore Barack Obama”.
La scorsa settimana, nel commentare nel suo programma il primo “Discorso sullo Stato dell’Unione” di Obama davanti alle due Camere del Congresso, Chris ha fatto un commento che penso aiuti a meglio comprendere la natura ultima dell’attuale conflitto politico negli USA. E lasciando da parte tutti gli elementi di carattere ideologico, religioso ed economico che hanno sempre, fino dalla fondazione della nazione, fatto parte del dibattito politico americano.
Chris ha dichiarato che “per più di un’ora – la durata del discorso di Obama – ho dimenticato che era un presidente afro-americano.”
Alla luce dei parametri della politica americana contemporanea, una tale affermazione dovrebbe essere considerata “razzista” o, quantomeno, scorretta se non offensiva. Il fatto è, però, che nessun osservatore sano di mente potrebbe accusare Chris di razzismo, palese o nascosto, e infatti, sebbene l’affermazione sia stata fatta in pubblico, la discussione è finita lì.
A mio parere, lo spontaneo commento di Chris rappresenta proprio l’opposto di un’affermazione razzista, perché mi sembra dimostrare che i motivi profondi dell’atteggiamento degli americani verso Obama non sono di natura razziale. Ciò che affascina, a tratti in modo ossessivo, la gente nei confronti di Obama, non è la razza, ma il fatto che egli si situi sul confine tra il passato nazionale e un futuro radicalmente diverso.
Nessuno riesce a classificare il pensiero di Obama e forse non ci riesce neppure lui, come egli stesso ha chiarito (in un incontro senza precedenti con i suoi oppositori Repubblicani) continuando ad insistere che le sue opinioni politiche non sono assolutamente radicali, ma che in diversi casi le sue posizioni si sono avvicinate a quelle dei Repubblicani.
Il suo discorso sullo Stato dell’Unione ha mostrato, argomento dopo argomento, come le sue posizioni fossero più vicine a quelle dei Repubblicani moderati che non a quelle dell’ala sinistra del Partito Democratico. Tanto che la rivista The American Conservative riportava un articolo dal titolo: “Come Obama ha perduto la sinistra”.
Il Cardinale Kasper ha ben descritto la natura più profonda dell’attuale irrequietezza politica scrivendo che “il tentativo di individuare in questa vertiginosa molteplicità” derivante dalla globalizzazione ”un filo conduttore che possa unificarla e tenerla insieme sembra sempre più senza speranza”.
Il risultato è che “la filosofia postmoderna ha tratto determinate conclusioni da questa situazione, abbandonando coscientemente il postulato di unità che aveva finora dato forma al pensiero occidentale nel suo insieme e propugnando, non solo l’accettazione e la tolleranza della pluralità”, ma anche sostenendo “una sostanziale opzione in favore di un pluralismo in cui non vi sono più né valori né regole assolute.
La ragione è diventata plurale in se stessa, la verità, l’umanità, la giustizia esistono solo in quanto plurali“ (Vedi The Uniqueness and Universality of Jesus Christ, Eerdmann, 2001).
Obama è sulla linea di confine tra il pensiero moderno e postmoderno, cercando di rimanere attaccato, credo, alla parte moderna e di salvare in qualche modo l’unità e la certezza dal relativismo radicale postmoderno. In qualche modo, questo è percepito dal Paese, sia dai conservatori moderati che dai moderati progressisti. Più di ogni altro nostro politico, il presidente personifica lo scontro culturale in corso.
Barack Obama non è cattolico, ma Chris Matthews sì. Spero che Chris possa trovare qualcuno che lo aiuti a vedere la bellezza del rapporto tra la dottrina sociale della Chiesa e la liberazione della ragione dal pensiero moderno e postmoderno che viene da fede, speranza e carità.