«Scienza e fede non possono andare insieme, perché la fede presuppone di credere ciecamente in qualcosa di rivelato nel passato, una specie di legenda che ancora adesso persiste, senza criticarla, senza il diritto di mettere in dubbio i misteri e dogmi che vanno accettati o, meglio, subiti». Sono parole del’oncologo di fama mondiale e senatore del Pd Umberto Veronesi, che a Sky Tg24 ha chiarito la sua posizione in merito al rapporto tra fede e ragione. Affermando, tra le altre cose, che ogni religione è «per definizione integralista», l’esatto opposto della scienza che, invece -secondo Veronesi – «vive nel dubbio, nella ricerca della verità». La sortita del luminare ha assunto il carattere della sentenza non dimostrata. Di fronte alle quale, non tutti si sono trovati d’accordo. Tra questi MARCO BERSANELLI, docente di Astronomia e Astrofisica presso l’Università Statale di Milano che, in merito alle affermazioni dell’oncologo, ha voluto dire la sua a ilsussidiario.net.
Mi hanno sorpreso le affermazioni del collega professor Umberto Veronesi a Sky Tg24: «Scienza e fede non possono andare insieme», sono «due mondi e concezioni del pensiero molto lontani l’uno dall’altro, che non possono essere abbracciati tutti e due». Per chi, come me e molti altri, è entusiasta del proprio lavoro di ricerca scientifica e al tempo stesso profondamente grato per l’esperienza di una fede cristiana incontrata e vissuta, queste parole suonano molto strane. Che quelli come me soffrano di una sottile forma di schizofrenia, senza saperlo?
Se così fosse, saremmo in buona compagnia. Come potrà il professor Veronesi conciliare le sue conclusioni con le parole di un Albert Einstein, «la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza è cieca»; o con pagine di grande intensità religiosa di giganti della scienza, dagli albori ai giorni nostri, come Keplero, Pascal, Boyle, Newton, Faraday, Maxwell, Salam, Lemaitre, solo per citarne alcuni? Naturalmente vi sono anche scienziati atei, e questo va benissimo, ma resta inaccettabile e privo di qualsiasi fondamento affermare che «la religione impedisce di ragionare».
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C’è però un’altra cosa da chiarire. Che cosa intende Veronesi quando parla di “fede” o di “religione”? Lo dice lui stesso, riferendosi al cristianesimo: «credere ciecamente in qualcosa di rivelato nel passato, una specie di leggenda che ancora adesso persiste». In queste parole, a mio parere, si rivela tutta la gravità dell’incomprensione. Troppo a lungo la fede cristiana è stata proposta, anche in ambito cattolico, come un insieme di regole e di riti da riprodurre meccanicamente, e molte persone – persino un colto accademico come Veronesi – hanno finito per assorbire questa grossolana riduzione ed assumerla come dato di fatto.
Il cristianesimo non è un rimasuglio etico del passato, ma è un fenomeno presente: nasce dall’imbattersi in una umanità senza paragoni, per cui un uomo, oggi come duemila anni fa, può finalmente prendere sul serio quel suo disperato bisogno di senso, di infinito, di bellezza, di verità (compresa quella particolare verità che è oggetto della scienza). Ed è quanto di più distante ci possa essere dall’assenza di ragioni e senso critico, al contrario è una sfida permanente lanciata a ciascuno di noi: «E voi chi dite che io sia?».