Dopo un secolo dal primo tentativo di un presidente (Teddy Roosevelt, Repubblicano) di dare a tutti gli americani una copertura sanitaria certa e accessibile, cento anni in cui presidenti di entrambi i partiti non sono riusciti a far approvare le proprie proposte, il presidente Obama è riuscito a compiere ciò che sembrava impossibile fino a qualche settimana fa. Dopo mesi di aspre discussioni ideologiche e partigiane, ieri il presidente ha firmato la riforma del sistema sanitario approvata dalla Camera dei Rappresentanti domenica notte, che è ora legge degli Stati Uniti.
Il dibattito continuerà nelle prossime settimane, perché il Senato si appresta a votare gli emendamenti apportati alla Camera all’originario testo approvato dal Senato stesso. I Democratici sono sicuri di farcela, poiché questa volta basterà la semplice maggioranza dei voti. I Repubblicani, dal canto loro, sono convinti che la maggioranza del popolo americano sia preoccupata da questa legge, con o senza gli emendamenti in discussione, e che quindi la loro costante opposizione alla riforma li aiuterà nelle prossime elezioni di novembre. Sono però tutti d’accordo che adesso tocchi a Obama spiegare agli americani che questa sua sorprendente vittoria è anche la loro.
Un esercito di osservatori, analisti, giornalisti, esperti politici, blogger, ecc. si metteranno ora ad analizzare il significato di questa battaglia politica e sarà interessante vedere come i più ponderati tra loro interpreteranno il fatto che, alla fine, la vittoria o la sconfitta della riforma sanitaria è dipesa da un solo fattore: dall’aborto e, in particolare, dall’insegnamento della Chiesa cattolica in questa materia.
La forte opposizione dei vescovi al testo approvato dal Senato, ritenuto insufficiente ad assicurare che fondi federali non venissero utilizzati, direttamente o indirettamente, per pagare aborti, ha messo in evidenza le divisioni tra i cattolici riguardo all’autorità del magistero della Chiesa. Per molti cattolici, convinti che il diritto a una sanità accessibile e di qualità sia un diritto naturale (come hanno peraltro continuato ad affermare i vescovi), l’opposizione dei vescovi ha provocato un grave dramma personale.
Due esempi di questo dramma rivelano cosa c’è in gioco. In primo luogo il caso del deputato Repubblicano Anh “Joseph” Cao, nato a Saigon nel 1967, figlio di un ufficiale sudvietnamita arrestato dai comunisti. All’età di otto anni, Cao è fuggito negli Stati Uniti, ha imparato l’inglese, si è distinto a scuola e si è poi laureato in fisica alla Baylor University. Dopo di che ha deciso di diventare prete ed è arrivato a New Orleans nel 1992, che ha lasciato per prendere un master in filosofia alla Jesuit Fordham University di New York City.
In seguito ha rinunciato a farsi prete ed è andato a insegnare filosofia ed etica alla Loyola University, diventando anche un attivista per la giustizia sociale, in quella che definisce “una crociata personale”, e consigliere dei vescovi su varie materie sociali. Nel dicembre 2008, Cao è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti per il distretto della Louisiana in cui è anche New Orleans, primo vietnamita americano a essere eletto al Congresso. Nello scorso dicembre, Cao fu l’unico Repubblicano nella Camera a votare a favore del progetto di riforma, ma quando al Senato è stata cambiata la formulazione del divieto di sovvenzionamento federale dell’aborto, Cao ha deciso di non votare il testo definitivo della legge.
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É una questione di coscienza, ha detto. Obama lo ha personalmente invitato alla Casa Bianca e gli ha chiesto di studiare a fondo la versione del Senato della clausola antiaborto prima di prendere una decisione. Cao ha accettato e ha speso tempo per studiare, consultarsi e pregare, per decidere alla fine che doveva votare contro, nonostante l’importanza della riforma sanitaria per il suo impegno in favore della giustizia sociale.
Sabato notte infatti ha votato contro il progetto di legge, anche dopo che deputati Democratici cattolici pro-life avevano accettato la decisione di Obama di emettere un ordine presidenziale per assicurare che fondi federali non fossero usati per l’aborto (decisione che ha provocato l’opposizione dei pro-choice che avevano accettato la formulazione del progetto di legge). Sarà interessante vedere come il suo voto contrario influenzerà i risultati delle elezioni di novembre in un distretto come il suo, dove i Democratici hanno una forte presenza.
Il secondo esempio riguarda un gruppo di suore cattoliche che si sono opposte al documento dei vescovi contro il testo del Senato, sostenendo che la loro lettura della clausola antiaborto era non solo scorretta, ma anche teologicamente sbagliata. Una delle suore ha affermato che i vescovi hanno male interpretato il Vangelo e l’esempio di Gesù.
Naturalmente, la stampa ha dato ampio rilievo alla divisione, così come alla vicenda degli abusi su minori da parte di preti in Europa, un’altra questione che va contro la necessità che i cattolici mantengano quell’unità richiesta dalla natura della Chiesa. Alla fine, non si tratta solo di una questione di coscienza, che ovviamente deve essere seguita. È una questione di fede che porta alla carità, il fondamento dell’insegnamento sociale della Chiesa.