La decisione della Corte d’Appello di Milano di respingere il ricorso del Pdl e non ammettere la lista di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde stupisce e non poco. Credo sia evidente a tutti che presentarsi a un appuntamento politico così importante, costruito sul modello bipolare, senza la presenza di uno dei due schieramenti, sarebbe pura follia.
L’esclusione di una qualunque lista in una competizione elettorale ha sempre costituito una ferita per la democrazia. In questo caso, è bene ricordarlo, si tratta del governatore uscente, considerato maggioranza schiacciante dai sondaggi, come dagli avversari. Una situazione che senza dubbio fa a pugni con la democrazia, quel sistema nel quale il popolo sceglie da chi farsi governare.
In effetti, così dovrebbe andare in un Paese normale. Purtroppo però la Seconda Repubblica ci sta abituando a una politica debole, che mostra una sempre crescente approssimazione nei confronti delle regole. Un sintomo preoccupante di quanto la politica conti sempre meno dei poteri economici e della magistratura.
I partiti della Prima Repubblica avevano invece grandi apparati, che non erano solo burocrazia, ma anche professionalità, rapporto con la gente, rapporto con le regole.
Chi ha vissuto quella stagione di impegno politico ricorderà quanto fosse decisiva la corsa alla presentazione delle liste. Noi comunisti correvamo negli uffici elettorali per guadagnare la prima posizione in alto a sinistra nelle schede elettorali. Spesso e volentieri finiva a botte (ironia della sorte) con i Radicali che avevano lo stesso obiettivo. Un lavoro duro, basato sulla ferrea organizzazione di partiti come il Pci, la Dc, il Psi e sui loro volontari che spesso e volentieri si sobbarcavano la fatica delle file. Tutto questo, è evidente, non c’è più, a destra come a sinistra.
Difficile perciò, nel quadro attuale, indicare quale sia tecnicamente la strada migliore da prendere, ma è evidente che spetti alla politica trovare una soluzione. La palla passa quindi a Filippo Penati. Da lui mi auguro un gesto di grande generosità che sanerebbe una grave ferita democratica e creerebbe le condizioni sul piano nazionale per un dibattito politico più civile, come da mesi auspica il Capo dello Stato.
La scelta di Penati è sicuramente difficile, serve molto coraggio. Non capita tutti i giorni di vedersi regalare una regione così importante nella quale non c’erano in pratica speranze di successo.
Se preferirà “vincere facile”, come dice una famosa pubblicità, la storia non tarderà a presentargli il conto. Spero che riconosca ciò che è difficile negare: senza la candidatura di Formigoni in Lombardia non saranno elezioni democratiche, si potranno fare comunque, ma la sostanza della democrazia verrebbe violata in un modo che non ha precedenti nella storia della Repubblica.