Un’attenta analisi delle misure appena approvate in sede europea rivela come, di fatto, il 9 maggio, nel giorno della festa dell’Europa, sono nati gli “eurobond”. Nei prossimi anni, investitori e banche dovranno finanziare circa 2.500-3.000 miliardi di titoli di Stato a medio e lungo termine in euro, di cui 550 miliardi circa saranno emessi da Spagna, Portogallo e Irlanda.



Il recente piano per il salvataggio dell’euro interviene dunque a questo proposito, per convincere il mercato della sostenibilità e della liquidità del mercato finanziario europeo. Per prima cosa ci sarà maggiore rigore sui programmi di rientro e di risanamento dei conti pubblici, a partire da Spagna e Portogallo, i due paesi che, notoriamente, restano in scia alla Grecia nella classifica dei paesi più colpiti dalla crisi economica.



I controlli saranno più rigorosi sull’andamento delle finanze pubbliche con le proposte della Commissione europea sul nuovo Patto di Stabilità. Da ultimo l’erogazione di prestiti (che di fatto possiamo definire eurobond) da parte della Commissione europea attraverso il bilancio UE (fino a 60 miliardi), del Fondo monetario internazionale (250 miliardi), e di un nuovo strumento gestito dai Governi dell’area euro (Special Purpose Vehicle per 440 miliardi) per tutti quei paesi che non avranno accesso al mercato.

L’apertura agli eurobond, unita ai giudizi positivi espressi dall’Eurogruppo dopo la riunione del 17 maggio sono certamente segnali di buon auspicio. Ma la strada è ancora molto lunga e impervia. Soprattutto se le cure nei confronti di quest’Europa malata diventassero un’abitudine.



In altre parole, la solidarietà giustamente dimostrata non deve assolutamente offrire l’immagine di un‘Unione europea che violando i trattati si riduce a pagare il conto di quei paesi che sacrificano al consenso effimero di una stagione la responsabilità nei confronti del futuro dei propri cittadini.

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Quello che serve è una Commissione europea indipendente e autorevole nei confronti dei governi che truccano i conti. Una Commissione europea che imponga nuove regole per i mercati finanziari. Un’Europa che richiami con fermezza gli Stati alla responsabilità e quindi a una stabilità che vada a vantaggio delle generazioni future.

 

Dobbiamo convincerci una volta per tutte che questa crisi non è stata prodotta da un eccesso di Europa, ma al contrario, è stata il frutto della supponenza degli stati nazionali e della debolezza dell’Europa. La crisi è stata causata quindi da una tremenda insufficienza di Europa. Gli errori che sono stati commessi nella fase di costruzione dell’euro lo dimostrano: è paradossale infatti che la moneta unica non venga ancora abbinata a politiche comuni su mercato fiscale e pensionistico.

 

Tutti questi buoni propositi, per non cadere nel vuoto, oggi e nel futuro, devono essere parte di una strategia politica che anticipa gli avvenimenti e non ci costringe a rincorrerli.