Sogni pericolosi

Esisitono fautori della tecnologia che si attendono da essa la completa trasformazione della nostra condizione umana. Il commento di Lorenzo Albacete

Una mia amica ha passato recentemente qualche giorno in casa di sua figlia, occupandosi di bambini, cani, e gatti, mentre la figlia trascorreva un week end di vacanza insieme al marito. Il nipote più grande, un ragazzo di 13 anni, aveva appena finito la terza media e la mia amica mi ha raccontato che questo ragazzino ha passato tutto il tempo libero davanti alla televisione a giocare con videogiochi. Attraverso internet, si collegava con altri amici, cambiando le trame dei giochi, alleandosi ora con l’uno ora con l’altro, con lo scopo di aumentare le proprie possibilità di vittoria. Chi vinceva, infatti, assumeva il controllo e la direzione di tutti i possibili cambiamenti nelle modalità del gioco.

Preoccupata per tutto questo, la mia amica mi ha chiesto un parere, perché non voleva sembrare una della “generazione delle nonne”, spaventata dalle opinioni e dai comportamenti dei giovani. Come lo erano stati, senza dubbio, i suoi genitori e I suoi nonni quando lei era giovane. Poiché noi due abbiamo la stessa età, e io ho una formazione scientifica e tecnologica, voleva appunto sapere cosa ne pensavo.

Le ho subito detto che doveva esprimere i suoi dubbi alla figlia, dato che non dobbiamo preoccuparci di sembrare sorpassati. Anzi, abbiamo la responsabilità di esprimere le nostre preoccupazioni ai giovani, spiegandone le ragioni, perché siamo portatori della tradizione passata (tradizione vuol dire questo!) da una generazione all’altra come risorsa essenziale perché i giovani possano formarsi un proprio giudizio su ciò che significa essere uomini. E gli si dovrebbe insegnare a prendere questa tradizione come una “ipotesi di lavoro” per la vita, da verificare razionalmente attraverso l’esperienza. Questo è il “rischio dell’educazione”.

Poi ho letto un articolo sul New York Times che rivela chiaramente quale sia la posta in gioco quando la tradizione viene ignorata. E nella stessa giornata, ho visto un programma televisivo sul National Geographic Channel che confermava l’urgenza di dar voce alle nostre preoccupazioni.

L’articolo è apparso domenica 13 giugno nella sezione business del Times. Anche questo ha un significato, perché il contenuto dell’articolo è più di pertinenza della sezione “fantascienza” o, quantomeno, di quella “scienza e tecnologia”. Invece, la sua collocazione nella sezione “affari” dimostra che ciò che descrive non fa più parte di un semplice sogno o di una fantasia, ma è un punto di vista sulla realtà, che sta crescendo in America tra quelli che hanno più potere, quelli che sanno come manipolare i grandi cambiamenti nella società per trarne un profitto economico.

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L’articolo, scritto da Ashlee Vance, occupa tre pagine intere del giornale, prova dell’importanza data al tema dai redattori. Il titolo è Solamente Umano?Questo ieri, e parla di un movimento chiamato Singularity Movement, definito come “fusione tra tecnologia e mente umana”.

 

Circa il 70% della tecnologia discussa nell’articolo è per me incomprensibile, né, d’altro canto, mi interessa molto capirla: a questo punto, mi interessano soltanto le questioni filosofiche e antropologiche sollevate dalla tecnologia. L’articolo tratta delle questioni filosofiche sottostanti la ricerca tecnologica e le sue applicazioni promosse dal Singularity Movement, in costante crescita, ma tocca solo brevemente gli aspetti teologici.

 

Si considerino solo le citazioni seguenti: “Supereremo tutti i nostri limiti biologici… cioè ciò che significa essere umani, per estendere (tecnologicamente) chi siamo”. La “chiave per la prossima fase dell’evoluzione sarà fuori portata per la maggior parte delle persone”. “Singularity non è una grande visione della società, come aveva Lenin o poteva avere Milton Freedman.  …È semplicemente gente ricca che si costruisce una lancia di salvataggio, e abbandona la nave”. “Alla fine, l’intero universo sarà saturato dalla nostra intelligenza. Questo è il destino dell’universo”.

 

La nuova serie televisiva sul canale National Geographic è condotta dal grande attore Morgan Freeman. La prima settimana ha avuto come oggetto la possibilità tecnologica di scoprire l’esistenza di Dio, ma saranno i nostri nipoti tecnologicamente evoluti ad avere finalmente il potere di ricostruire il mondo, compreso il passato.

 

Tutto questo dovrebbe dare alla mia amica (e a noi tutti) un’idea del valore delle sue preoccupazioni. Per quanto riguarda la tecnologia, possiamo cercare un ragazzo di 13 anni che ce la spieghi. Circa la fede… devo dire che mi sono emozionato di fronte alla grande opportunità di portare la testimonianza del vangelo di Cristo in queste circostanze, nelle quali diventa sempre più chiaro che cosa succede alla nostra umanità quando viene separata da Lui.

 

 

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