Al momento in cui scrivo (28 giugno) questi sono i fatti come mi risultano: la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rifiutato oggi di esprimersi sul fatto se il Vaticano goda dell’immunità legale nei casi di abusi sessuali sui minori compiuti da preti negli USA. Il caso che la Corte si è rifiutata di prendere in considerazione ha inizio nel 2002, quando un anonimo querelante dello stato dell’Oregon intentò causa al Vaticano per Andrew Ronan, un prete irlandese con alle spalle una storia di abusi sessuali su minori.

Secondo l’accusa, Ronan cominciò ad abusare di ragazzi a metà degli anni 50 quando era prete nell’arcidiocesi di Armagh, in Irlanda. Trasferito a Chicago, ha ammesso di aver compiuto abusi su tre ragazzi della St. Philip’s High School. A metà degli anni 60 fu trasferito alla St. Albert’s Church di Portland, nell’Oregon, dove fu accusato di abusi dalla persona che ha poi intentato causa al Vaticano. Ronan è morto nel 1992.

La posizione assunta all’epoca dall’avvocato del Vaticano fu che non era stata portata alcuna prova che fosse stato il Vaticano a trasferire il sacerdote, né che avesse qualche controllo sul suo operato. Inoltre, anche molti vescovi americani hanno dichiarato che la responsabilità per i preti è del vescovo locale, non del Vaticano. Il caso alla fine è approdato alla Corte di appello di Sacramento, in California, alla cui giurisdizione appartiene anche l’Oregon, che ha ammesso la richiesta dell’accusa.

L’avvocato del Vaticano aveva anche opposto l’immunità di cui gode il Vaticano come Stato straniero (riconosciuto come tale dagli Stati Uniti nel 1984), in base al Foreign Sovereign Immunities Act del 1976, che protegge gli Stati esteri dall’essere giudicati nei tribunali degli Stati Uniti. Tuttavia, questa legge prevede eccezioni e a queste si riferisce la Corte di appello, prospettando un diretto collegamento tra Ronan e il Vaticano, di cui il prete può essere considerato un dipendente secondo la legge dell’Oregon. Su questa decisione l’avvocato del Vaticano ha interpellato la Corte Suprema, che però, come si è visto, ha deciso di non prendere in considerazione il caso, lasciando così operante la decisione della Corte di appello in favore della richiesta del querelante.

L’Amministrazione Obama aveva sostenuto la posizione del Vaticano, affermando che la Corte di Appello sbagliava nel considerare tra le eccezioni alla legge sull’immunità degli Stati esteri anche gli abusi sessuali commessi da un prete. I legali dell’Amministrazione hanno però anche dichiarato che “al momento” non vi erano gli estremi per una decisione della Corte Suprema.

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Francamente, non ho personalmente informazioni sufficienti per un giudizio preciso su questo caso. Ovviamente, la decisione della Corte Suprema avrà riflessi anche su altri casi simili negli USA, come quello in corso a Louisville, nel Kentucky, in cui si sostiene che il Vaticano è responsabile per quei vescovi che non riuscirono ad impedire gli abusi dei preti. Non essendo un avvocato non so dire quanto sia stato saggio affidarsi così tanto alla legge sull’immunità degli Stati stranieri.

 

Mi vengono in mente i casi in cui la Chiesa ha contestato le ordinanze di rimozione dei crocefissi affermando che si trattava di simboli culturali, piuttosto che simboli della fede della Chiesa, appellandosi così al diritto alla libertà religiosa protetto costituzionalmente dallo Stato.

 

La decisone della Corte è stata presa nello stesso giorno in cui iniziavano le audizioni sulla candidatura di Elena Kagan alla Corte Suprema. Se la candidatura venisse approvata, la Corte risulterebbe composta da sei cattolici e tre ebrei, una situazione analizzata in modo interessante su The New York Times in un articolo dal titolo: “ Il trionfante declino dei WASP (White Anglo-Saxon Protestant).” Quello che è interessante non è che questa significativa maggioranza cattolica possa portare a decisioni diverse da quelle prese finora, ma il fatto che ciò non avverrà.

 

Intanto questa settimana è stato annunciato l’inizio del processo di beatificazione di un prete di Brooklyn. “Un santo per Brooklyn?,” si è chiesto il New York Times. Aveva ragione T.S. Eliot: “La Chiesa deve sempre costruire, perché è sempre in decadenza al suo interno e sotto attacco dall’esterno.”