Cinquanta anni fa, il 30 giugno 1960, il Congo Kinshasa, oggi Repubblica democratica del Congo, vedeva la luce. Uno dei più grandi Paesi dell’Africa, all’epoca speranza di un intero continente poi diventato mostruoso regno di corruzione e di lì crocevia di guerre infinite (si parla di “qualche” milione di morti).
Che ne è del sogno africano, evocato ai giorni nostri dai mondiali di calcio in Sudafrica, “elargiti” come un risarcimento più che come un riconoscimento? Il bilancio finanziario del Congo RD è di 6 miliardi di dollari, meno di un quarto della nostra manovra finanziaria, dei quali una buona parte in promesse d’aiuto esterno. 10 miliardi il debito. 60 milioni gli abitanti. Diffusione dell’elettricità: 6%. Speranza di vita: 42 anni.
Tempo necessario per percorrere i 3500 km da Boma a Goma: 4-5 settimane. Certo, occorre dire che i coloni belgi, nonostante la stucchevole retorica di re Leopoldo volta a creare “una nuova civiltà”, quella terra l’avevano proprio spolpata.
Per dire: tagliavano le mani agli uomini che si ribellavano all’obbligo di lavorare nelle piantagioni e nelle miniere, e anzi ogni “trofeo” raccolto da guardiani e sicari veniva pagato dai funzionari delle compagnie belghe. Si potrebbe pensare che la “moda” delle amputazioni degli arti, resa celebre in anni recenti dai guerriglieri ugandesi e sierraleonesi non sia una invenzione tribale e autoctona, ma sia in realtà una luminosa idea europea, sviluppata proprio da quei simpatici agenti di Bruxelles.
Qualcosa aveva intuito anche Conrad che con “Cuore di tenebra” racconta di una risalita del fiume Congo fino “ai confini dell’orrore”. A un certo punto però è arrivata l’indipendenza. Il sue eroe è stato, come i più anziani ricordano, Patrice Lumumba. Era molto focoso e troppo impaziente. Si era inimicato i belgi con un discorso giudicato offensivo; già, gli offesi erano loro! Comunque il povero Lumumba, certamente un imprudente, venne ucciso un anno dopo.
Si erano messi d’accordo in tanti, belgi americani e congolesi rivali, tra cui l’uomo che di lì a poco avrebbe simboleggiato un intero continente di corruzione e ruberie: Mobutu Sese Seko. Il quale non mancherà di proclamare Lumumba eroe nazionale. Il regno di Mobutu, prototipo del dittatore africano, dura 32 anni. Celebre il momento in cui ottiene dagli Usa, suoi protettori in funzione antisovietica, un prestito straordinario e il giorno dopo affitta un aereo privato per portare in Svizzera tutta la famiglia a fare vacanze e shopping.
Con Mobutu il Congo diviene Zaire per poi tornare Congo con i Kabila, padre e figlio. Il prima, Laurent-Desirè è un personaggio elisabettiano. Guerrigliero (nel 1965 incontra il Che Guevara nella giungla congolese) e dittatore, sanguinario in ambedue le vesti. Collabora con gli americani per togliere di mezzo Mobutu, assiste e forse ordisce massacri in quantità industriale. Poi viene ucciso, da una sua guardia del corpo.
Forse per ordine della Cia, o del Rwanda, o dell’Angola, o di suo figlio Joseph, che ne prende il posto. Questi viene definito “un enigma avvolto nel mistero”. Ha 39 anni, è al potere da 9. Ha combattuto i rivoltosi hutu e poi i banyamulengue di Nkunda, altra figura avvolta nel buio.
Curiosamente, per un leader africano, parla poco e male. Sembra molto amico della Cina, che in Congo compra e investe, e si muove nella regione con una certa disinvoltura. L’anno prossimo si terranno le nuove elezioni, dopo quelle abbastanza regolari del 2006. Dopo cinque anni di stabilità e quasi-democrazia, sarà il momento di chiedersi che cosa è stato di questo mezzo secolo.