Un’esperienza di salvezza. Questo è il lascito che si sente dentro di sé dopo aver partecipato al Meeting di Rimini. E questo sentimento si avverte soprattutto quando, successivamente, per ragioni e impedimenti importanti, come succede a me da un paio d’ anni, non vi si può partecipare continuativamente.

Si avverte l’assenza di un’esperienza che, via via, nel cuore si fa più importante: si accresce di pulsioni desideranti il bene che quel passeggiare con attenzione e consapevolezza per la Fiera riminese arreca allo spirito, sino a confonderci.



Un’esperienza vitale, insomma, che, oso dire, va al di là, in prima istanza, dello stesso programma specifico degli annuali appuntamenti. E questo perchè ci si sente immersi in una grande avventura umana, di popolo, di educazione e di emancipazione personalistica. Nulla è lasciato al caso, ma nulla è rigido, costrittivo, perché senti che tutto attorno a te nasce da migliaia e migliaia di passioni, di volizioni, di intelligenze personali che si uniscono nei progetti che insieme – tutti e sempre – costituiscono l’ordito sottile, ma resistente del Meeting.



Nulla è secondario: tutto è primario perché tutto nasce dall’impegno operoso, dalla partecipazione consapevole. Anche la politica, la cui voce risuona sempre nelle sale e tra le folle, anche la politica pare mondata dalle sue attuali brutture e ritornare quello che deve essere: un dover essere verso il bene comune, più che esplosione di diritti  inconsapevoli e non sostenibili. E questo perchè anch’essa, attraverso i suoi protagonisti, viene immersa nel grande bacino di una comunione ideale, che non lascia scampo a qualsivoglia infingimento.

 

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Esso può manifestarsi, certamente, ma subito scivola via, viene come immerso in un liquido depurante trasformatore: quello delle coscienze intime e individuali che non si lasciano irretire dalle sirene propagandistiche. È un’ esperienza generativa:  un’escatologia in comunione perché è una narrazione cristiana e cattolica severa e serena, come deve essere un’esperienza di fede che vive del lavoro volontario, dell’impegno quotidiano e che ha dietro di sé la forza dello Spirito che beneficamente dà luce e bellezza alla vita.

Senza dubbio la frase che emblematicamente descrive il messaggio che ogni anno connota l’universo significativo che si diparte da Rimini verso il mondo, senza dubbio la frase di quest’anno è quella che più felicemente s’incontra con la mia povera esperienza di vita. È il cuore che decide.

Non sono, a decidere il bene, le ipostatizzazioni economicistiche, gli assiomi acquisitivi, managerialisti e comportamentisti senza autonoma responsabilità spirituale che ci hanno trascinato nella più grande depressione della storia capitalistica: non è tutto questo che può governare e sostenere i mondi vitali di miliardi di esseri umani.

Può essere solo una nuova teoria e pratica dell’obbligazione morale al bene, proseguimento teorico del personalismo cristiano, che non può che venire dalla valorizzazione dell’esperienza personale e dalle volontà del desiderio di bellezza e di umanità: e quindi dal cuore.

Questo è l’umanesimo cristiano che dobbiamo iniziare nuovamente a costruire come arco teorico vitale. A Rimini ogni anno esso è già realtà nelle esperienze viventi delle persone. Raggiungiamo nuovi traguardi del cuore.