Quello appena trascorso è stato il week end del cosiddetto «controesodo». Brutta parola, che nasconde un’idea ancora più brutta. Esodo, dice il vocabolario, è l’uscita in massa di una popolazione dal territorio in cui naturalmente vive, per collocarsi in un altro ambiente. Per antonomasia, l’uscita prodigiosa degli Ebrei al seguito di Mosè dall’Egitto che li aveva schiavizzati, viene chiamata Esodo. La partenza per le vacanze sarebbe stato, quindi, un esodo temporaneo e adesso sperimentiamo il movimento contrario: appunto il controesodo.
A dire il vero, i figli di Abramo con il loro esodo – senza contro – stavano tornando a casa, a quella terra promessa che nessuno di loro aveva mai visto. E il controesodo è stata semmai la tentazione, dovuta alle difficoltà del cammino, di tornare indietro in Egitto, dove erano sì schiavi ma almeno potevano sfamarsi con le cipolle. Il nostro controesodo è, invece, un ritorno a casa. Ma quel contro sparge su tutto il movimento una patina di malinconia, come quando si chiude una bella parentesi e si riprende la meccanica monotonia di sempre. Magari le vacanze non sono andate un granché, le aspettative con cui si era partiti si sono mostrate illusorie e allora si fa un po’ finta, si raccontano agli amici avventure gonfiate e soddisfazioni esagerate. Nel frattempo, la scomodità del rientro sulle autostrade con code da bollino nero ha dato un triste anticipo di quello che ci si aspetta. Sui giornali leggo che ci sono team di psicologi specializzati nel sostenere il reinserimento dei lavoratori nella routine degli uffici, evitando i più macroscopici inconvenienti.
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Ma il controesodo può significare anche un’altra cosa. Un nuovo inizio. Se la vacanza è stata non una fuga, ma il necessario ritemprarsi delle forze fisiche, intellettuali e psichiche, allora si ha voglia di mettere subito in gioco il ritrovato vigore nel lavoro, nelle amicizie, negli affetti. Si ha voglia di riprendere la marcia del grande esodo della vita, il cammino verso la terra promessa di quelle «grandi cose» di cui ha parlato il titolo del Meeting di Rimini. È la legge dello scorrere del tempo. Il cambiamento delle condizioni – in questo caso vacanza/lavoro – evidenzia se nel tempo si rotola come i sassi nel torrente oppure si cammina come su un sentiero di montagna. Non sai mai cosa vedrai dietro la curva, se un’improvvisa faticosa salita o un pianoro, la valle che hai lasciato partendo o chissà che cosa. Magari la meta: quella bella cima verso cui è diretto il tuo esodo.