Ieri, tra una conferenza e l’altra, mi sono ritrovato a scambiare due parole con un imprenditore che – curioso – era venuto a trovarci al Manhattan Center, prestigiosa location nel cuore di NY City scelta quest’anno come sede del New York Encounter.
Pieno di stupore e ammirazione, totalmente sorpreso dalla bellezza dell’evento, dalla partecipazione di pubblico, dall’impegno degli oltre 120 volontari, mi prende sottobraccio e mi fa: «Sono anni che sostengo iniziative benefiche, incontri ed eventi per raccogliere fondi per tante cause buone e giuste, ma non ho mai visto niente del genere. La cosa più grossa in cui mi sono coinvolto non vale neanche un decimo di quel che avete fatto voi. E non è solo questione di numeri, è questione della bellezza e ricchezza di quel che offrite con le vostre mostre, conferenze, spettacoli, e soprattutto di quello che comunicate. Voi non avete idea di quel che avete fatto».
Beh, in verità quell’idea ce l’abbiamo, che poi un’idea non è, ma un amore. Un amore per tutto. Un amore infinito per l’Infinito. Questo mi è venuto in mente durante questo 2011 New York Encounter, quando circa milleduecento persone hanno partecipato alla presentazione del libro di don Giussani, Il Senso Religioso, con don Julian Carron e il Cardinale Sean Patrik O’Malley, vescovo di Boston. O’Malley attraverso alcuni esempi della propria storia personale, ha introdotto il tema del senso religioso, inteso come quel complesso di domande e di esigenze ultime contenuto nel cuore di ogni uomo.
Tali domande, ha continuato Carron, emergono potentemente nell’impatto che l’Io ha con il reale, come tanti poeti hanno testimoniato con le loro opere. La ragione dell’uomo, dunque, può dirsi pienamente tale solo quando è capace di comprendere la realtà secondo la totalità dei suoi fattori, quando cioè riconosce che essa è segno di qualcosa d’altro. Ma chi può rispondere al bisogno dell’uomo, al suo desiderio di compimento? La sfida di Carron è chiara: solo Cristo è la risposta al cuore dell’uomo, tanto è vero che Egli esalta concretizzando il nostro senso religioso.
Ancora poi avevo negli occhi e nel cuore (e anche nelle orecchie), mentre mi parlava, quello "spettacolo" incredibile della sera precedente sul palco dell’Hammerstein Ballroom, un susseguirsi di band di "subway and street musicians", musicisti che trascorrono buona parte della giornata a suonare per le strade o nelle stazioni della metropolitana.
E mentre mi si affollavano in mente tutti questi pensieri, sul Blackberry mi arrivano tre messaggi di fila dal Gospel Choir che aveva cantato per noi la Domenica mattina e da musicisti "di strada". Tutti e tre questi brevi messaggi di ringraziamento si concludono con le stesse parole: "We’ll never forget it", non ce ne dimenticheremo mai. Le stesse parole che ho sentito ripetermi da tutti i volontari che venivano a salutarmi prima di lasciarci. Gente che non si era mai vista, con storie e percorsi umani diversissimi…
Ma cos’è che ci fa dire "non ce ne dimenticheremo mai"? Noi sappiamo da dove viene il New York Encounter e sappiamo dove va e dove ci accompagna: è proprio quell’Infinito tanto caro a Leopardi, quel bisogno di bene e di bellezza che anima ogni nostro passo.
Tutte le parole possono suonare retoriche e quando questo accade è facile liberarsene. Ma come per quell’imprenditore e per quei musicisti, cosi come per quei volontari e le migliaia che hanno affollato l’Encounter, quando quelle stesse parole diventano "fatto" allora non solo non vogliamo liberarcene, vogliamo "ricordare". "We’ll never forget".
È questa la grandezza del New York Encounter: l’Infinito domina la scena, l’Infinito ha una "casa", un luogo.
Perché è proprio l’Infinito l’unico possibile terreno comune dove tutti si possono incontrare, dove tutti possono sentirsi a casa, offrire i frutti del proprio lavoro e godere di quelli altrui.
Così stamattina salutando tutti, cosi come ieri a quell’imprenditore e a quei musicisti, alla domanda "ma cos’e’ questo New York Encounter?" ho risposto che il New York Encounter è il luogo dell’Infinito.
Qualcuno mi ha guardato un po’ stupito, qualcuno sarà rimasto un po’ perplesso, ma nessuno si dimenticherà mai quello che abbiamo vissuto.
L’Infinito.