Lascia francamente perplessi la reazione che l’autentico terremoto politico che si sta producendo in Tunisia, Algeria ed Egitto ha generato nei media italiani. Un disinteresse immotivato nei confronti delle tribolazioni di terre vicinissime ai nostri confini.
Le vicende di casa nostra, per quanto caratteristiche della lacerante transizione italiana, non possono oscurare totalmente eventi di portata epocale come quelli delle ultime settimane. Non ci si rende conto, forse anche a livello delle istituzioni, di quello che potrebbe comportare per la realtà regionale di cui facciamo parte – e cioè per il Mediterraneo – la destabilizzazione di questi paesi.
Il Mediterraneo, pur non essendo più al centro di ogni rapporto internazionale come nei tempi antichi, rimane un crocevia importantissimo. E’ infatti il mare che ci collega ad una delle zone più calde del pianeta, il Medio Oriente. Sottolineo questo dato per rimarcare come ciò che accade a Tunisi, ad Algeri, al Cairo, ci deve interessare come se avvenisse entro i nostri confini. Anche per questa ragione mi recherò a breve in Tunisia con la delegazione speciale dell’Unione europea concepita per far fronte a una situazione giustamente ritenuta di massima emergenza politico-istituzionale. Nessuno ne ha ancora parlato, ma non appare assolutamente utopico, considerando il gran numero di attori politici che fanno dell’estremismo e del populismo la propria ragion d´essere, che sia alle porte un fatale sovvertimento degli equilibri dell´area.
L’Europa sa benissimo che i regimi di questi paesi sono lontani dalla concezione di democrazia che vorremmo trasmettere. Sappiamo ancora meglio però che aver collaborato con essi per lo sviluppo e per la pace ha consentito comunque tassi di crescita significativi in questi ultimi anni, cui non è peraltro corrisposto un criterio redistributivo sufficiente a far fronte ai bisogni di una popolazione sempre crescente. Ma soprattutto sappiamo che la definizione di paesi arabi moderati, che abbiamo usato in questi anni, racchiudeva la disponibilità di questi governi a fare da argine ai gruppi jihadisti presenti in queste nazioni.
Il problema sta tutto qui. Possiamo gioire fino a quando vogliamo per la caduta di un regime autoritario, ma non dobbiamo mai abbandonare questo realismo politico: quella del terrorismo resta una minaccia immensamente più grande e più difficilmente gestibile. E’ più che lecito in questo senso il dubbio se dobbiamo essere più contenti per la caduta del regime oppure dobbiamo essere più preoccupati per il pericolo di un caos istituzionale nel quale sarà ancora più complicato districarsi.
Quello che sta avvenendo in questi giorni è il segnale che quelle comunità sono animate da un’opprimente esasperazione generata da sistemi di potere ingessati e corrotti e da una legittima aspirazione al cambiamento. Le nuove generazioni con i nuovi media stanno riuscendo dove molti hanno fallito prima.
Il Presidente del parlamento europeo Buzek ha descritto la situazione in Tunisia come "un momento storico" e ha formulato quattro richieste a nome del parlamento per le autorità provvisorie tunisine: il rilascio immediato di tutti gli arrestati; la predisposizione d’inchieste indipendenti su corruzione e uso della violenza; l’organizzazione di elezioni libere, plurali e monitorate, un processo al quale il Parlamento garantisce assistenza; in vista delle elezioni, la costituzione di un governo di unità nazionale che includa tutte le forze politiche.
Con la delegazione del Parlamento europeo ci impegneremo ad offrire una vera prospettiva di aiuto e sostegno per scongiurare il pericolo di escalation di violenza e di successive involuzioni antidemocratiche.
L’Europa è già l’attore internazionale più accreditato per raggiungere obiettivi di cui tutta la comunità internazionale trarrà beneficio. E’ bene che l’Unione europea conservi il ruolo di leadership per scongiurare l’immane pericolo costituito dal fondamentalismo islamico.
L’Unione per il Mediterraneo è uno strumento nato anche per questo. E’ giunto però il momento di accelerare il passo: tutto il mondo ha bisogno che l’Europa si prenda questa responsabilità senza la quale sarà difficile il mantenimento di relazioni stabili e soprattutto pacifiche nell’area del Mediterraneo.