Dopo le rivoluzioni viene il delicato momento della riorganizzazione della convivenza civile e dello Stato: la costruzione della democrazia sulla base solida dei diritti umani, della libertà di religione e dei diritti delle minoranze. È proprio in questo cruciale momento che si trova l’Egitto oggi, impegnato a riscrivere la propria Costituzione. È di importanza fondamentale che i gruppi estremisti non prendano il sopravvento attraverso azioni violente come quella che ha portato alla morte di oltre 20 cristiani copti nella notte tra domenica e lunedì scorso.



«La nazione è in pericolo a seguito di questi eventi. Questi eventi ci hanno riportato indietro, invece di andare avanti per costruire uno Stato moderno su delle sane basi democratiche. La cosa più pericolosa che possa minacciare la sicurezza della nazione è di giocare con la questione dell’unità nazionale e di provocare la sedizione tra cristiani e musulmani e anche tra il popolo e l’esercito. È questo lo scopo, ma noi non cederemo a questi complotti perniciosi e non accetteremo un ritorno indietro». Questo quanto dichiarato alla nazione dal Primo Ministro, Essam Sharaf. Parole senz’altro di buon senso, che denotano un desiderio di cambiamento all’interno delle istituzioni.



Tuttavia, bisogna fare i conti con una società intrisa di contraddizioni e che deve confrontarsi con sempre maggiori spinte antidemocratiche. Nell’attuale Costituzione egiziana si afferma all’articolo 2 che «la Sharia è la fonte principale della legge». L’Islam non solo quindi fa parte dell’eredità culturale del Paese, ma influisce in modo preponderante sulla legiferazione.

Un’altra problematica risiede nell’istruzione, nella cultura e nello status economico degli appartenenti al ceto medio. L’istruzione egiziana è da decenni sull’orlo del baratro e vive un degrado a tutti i livelli, è profondamente penetrata da una cultura arretrata e conservatrice dal punto di vista religioso, di matrice wahabita. Poco meno della metà degli egiziani vive al di sotto della soglia di povertà. Circa il 40% degli egiziani è analfabeta e il 60% delle persone che leggono e che scrivono sono il diretto prodotto di un sistema educativo scollato dalla realtà.



La gran parte di quei fortunati che hanno potuto ricevere un’istruzione nell’ultimo mezzo secolo sono però dominati da un pericolosissimo analfabetismo culturale. Questo punto ha fatto sì che in Egitto l’estremismo islamico dei Fratelli musulmani attecchisse in maniera profonda laddove il governo mostrava la propria incapacità ad agire, ovvero in seno alla classe medio bassa che ha affidato, soprattutto in zone periferiche, l’istruzione dei propri figli alla moschea.

L’onda rivoluzionaria che stanno cavalcando senza ostacoli i Fratelli musulmani sta producendo effetti potenzialmente devastanti. Non dobbiamo permettere che questi si impossessino di quell’ampio segmento della società egiziana che non ha nulla a che fare con l’elemento religioso, né tanto meno con il suo aspetto estremista. Migliaia di persone appartenenti alle minoranze più discriminate quali i cristiani copti stanno per lasciare il Paese.

Il messaggio dell’Europa e della Comunità internazionale deve essere quello di sapersi proporre come interlocutori in questo fondamentale processo di rinascita, e come interlocutore, devono favorire un dialogo aperto tra la varie componenti della società egiziana. Recentemente, il Presidente libico Jalil ha dichiarato che la nuova Libia vuole essere un Paese musulmano moderato con una Costituzione che ne sancisca questo assetto. Io credo che questo sia un passaggio fondamentale per tutto lo scenario futuro dei paesi della costa sud del Mediterraneo, perché anche Tunisia ed Egitto sono impegnati a riscrivere la propria Costituzione.

Le nuove carte costituzionali decideranno del modo di convivere di popolazioni di milioni di persone. Non possiamo trascurare un tema di tale complessità e importanza, anche perché da una Costituzione si ricostruisce un Paese, ma non si può capire del tutto quale Paese sarà. Dio c’è nella Costituzione degli Stati Uniti e anche in quella del Sudan, ma il risultato non è lo stesso. Dio non c’è nella Costituzione francese e non c’è in quella cinese, ma anche qui il risultato non è lo stesso. Non basta annunciare o non annunciare valori o disvalori, bisogna capire come prepararci insieme al domani.

Così come in altri contesti di diverso tipo è fondamentale che l’Unione europea sia parte attiva in questa fase costituente, è evidente che non possiamo noi scrivere la Costituzione egiziana, ma la nostra influenza deve servire a far capire al nuovo Governo egiziano, e ai nuovi governi dell’area, che le nostre convinzioni, ciò in cui crediamo e che è a fondamento delle nostre costituzioni e del nostro modo di intendere la democrazia sono l’unica strada percorribile per far crescere il seme di libertà gettato dalla rivoluzione.