Giustizia e terrore

In Spagna l’Eta ha annunciato la fine definitiva della lotta armata, ma restano ancora aperte le ferite delle ingiustizie subite. Il commento di FERNANDO DE HARO

Forse non esiste dolore che sfida la condizione umana più di quello che è tornato alla mente di tutti gli spagnoli giovedì scorso, quando i terroristi dell’Eta hanno annunciato “la cessazione definitiva della propria azione armata”. È il dolore per una vittima innocente, per la perdita di un proprio caro che, improvvisamente, per un’ingiustizia incomprensibile, svanisce in un’assenza dalla quale non ritorna e di cui restano solo ricordi. È anche il dolore della libertà umiliata per decenni nei Paesi Baschi, dei silenzi forzati dalla paura, di quella umiliazione sorda che nella solitudine produce lacrime di impotenza.

Tanto è vivida la memoria di questo dolore e la menzogna che porta con sé, che sebbene i terroristi non faranno probabilmente mai ritorno alla violenza – non è importante per i loro fini -, più della metà degli spagnoli non crede che tutto sia finito. El País domenica scorsa ha pubblicato un sondaggio eloquente: il 53% degli intervistati non crede che ci troviamo di fronte alla fine del terrorismo.

Da quando nel 1973 l’Eta ha fatto saltare in aria l’auto di Carrero Blanco, l’uomo che Franco aveva scelto come suo successore, c’è voluto un lungo percorso, grazie al quale il dolore di un’intera società è diventato un giudizio politico. Ora nessuno sembra ricordarselo, ma gli attentati dell’Eta raccolsero il benestare di molti, perché sembravano funzionali contro la dittatura. Dall’ambiguità inconfessata di quegli anni, attraverso un processo molto lento si è passati al riconoscimento morale delle vittime, alla promulgazione di una legge che ha fatto sì che i partiti politici responsabili delle bombe non potessero partecipare alla vita politica.

Tutto questo lungo percorso nel tempo ha indubbiamente contribuito alla sconfitta dei terroristi. Se c’è qualcosa che guasta la storia, però, è il finale. Perché quando il gruppo terroristico era con le spalle al muro, a seguito del fallimento dei negoziati avviati da Zapatero a partire dal 2004, si è dato vita a un “processo di risoluzione dei conflitti” ideato dall’avvocato sudafricano Brian Currin. Quello che è successo negli ultimi anni ha seguito esattamente alla lettera le istruzioni stabilite in questo tipo di processi.

Prima che venissero abbandonate le armi ci sono state le concessioni politiche. La sentenza della Corte costituzionale che ha permesso agli ambienti vicini all’Eta di partecipare alle elezioni comunali faceva parte di quella tabella di marcia. Vedremo come gli ambienti vicini all’Eta se la caveranno nelle elezioni politiche del 20 novembre e se otterranno un’ampia rappresentanza parlamentare. Se smetteranno di fare politica troppo presto, prima che si sia effettivamente verificata la dissoluzione del gruppo terroristico e prima che sia scomparso il ricordo della paura. Oppure se otterranno, come successo a maggio, un risultato eccellente che li potrebbe riportare ad avere un gruppo parlamentare. Nel caso la Spagna potrebbe contare su un’importante forza politica indipendentista che continuerà a sottrarre voti al Partito nazionalista basco.

I danni fatti non sono comunque del tutto irreversibili. Toccherà a Rajoy gestire la fine della violenza. Non si dovrebbero però fare, per esempio, concessioni ai prigionieri che vadano oltre i limiti della politica penitenziaria, come vorrebbe ora l’Eta. In ogni caso, la società spagnola deve ancora affrontare la sfida di rispondere al dolore degli ultimi quarant’anni. L’ingiustizia subita è troppo grande.

La sfida è chiaramente indicata alla fine dell’ultimo romanzo di Ángel González Sainz, quando il protagonista di “Ojos che no ven” (“Occhi che non vedono”), Felipe Díaz Carrión, un uomo umiliato dai terroristi, affronta il dilemma: continuare a vivere o abbandonarsi al nulla? Alla fine non si toglie la vita, perché ha il presentimento dell’eterno. Il terrore ha fatto nascere in Spagna la necessità di una giustizia esaustiva e completa. Non c’è uomo capace di soddisfarla. In questo desiderio c’è il segno più evidente del fatto che l’Eterno, il Giusto esiste ed è la risposta. Ma di queste cose non si può parlare…

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