“Abbiamo bisogno di più disciplina, ma anche di maggior convergenza. Serve maggiore responsabilità, ma anche più solidarietà. Abbiamo bisogno di stabilità finanziaria, ma anche di crescita economica. Questo è il patto che proponiamo ai cittadini europei”. Per analizzare il momento politico in cui versa il nostro Paese, parto dalle parole pronunciate mercoledì scorso nell’aula di Strasburgo dal Presidente della Commissione europea Barroso, che possiamo sintetizzare con una domanda: come facciamo a coniugare interdipendenza e sviluppo con la democrazia?
In questi giorni, in sintonia con le sollecitazioni da più parti promosse, anche dalle Istituzioni europee, in Italia i principali partiti hanno favorito la nascita di un governo tecnico che avrà il compito di imporre sacrifici a un Paese da sempre restio a promuovere riforme e trasformazioni. La nascita di questo governo, tanto per sgombrare il campo da equivoci, è pienamente legittimata dalla nostra prassi costituzionale, dalla conseguente iniziativa del Presidente Napolitano e dal profondo senso di responsabilità mostrato nella circostanza dal Presidente del Consiglio Berlusconi e dai principali partiti di maggioranza e di opposizione.
In questo senso, la nascita di questo governo è una buona notizia per l’Europa e per la stabilità dell’eurozona. Certo, questo scenario è anche il frutto di quell’interdipendenza citata da Barroso e che lega gli Stati membri dell’Unione europea e gli attori più importanti dell’economia mondiale. Questo senso di interdipendenza è il fulcro della strategia politica per il futuro del nostro continente.
Alla luce di questo, così come è auspicabile che facciano un passo indietro quei governi che di fronte a rilevanti difficoltà non sono in grado di far fronte alle circostanze, a maggior ragione non dobbiamo esitare a mettere in discussione la guida delle Istituzioni europee, nel momento in cui non fanno corrispondere alla drammaticità della situazione misure coraggiose e tempestive. Intendo dire, cioè, che in attesa di cambiare i trattati dobbiamo fare presto e bene ciò che i trattati ci consentono e rispetto ai quali un eccesso di subordinazione alle logiche di alcuni Stati membri ci si sta pericolosamente frenando.
Questa crisi ha visto come principali responsabili i governi nazionali, colpevoli di aver attuato una supervisione finanziaria superficiale e deludente, ma colpevoli soprattutto di aver pensato di poter uscire dalla crisi per proprio conto, credendo che la propria furbizia li avrebbe portati in salvo. Questo vizio è stato evidenziato dalla maggior parte degli Stati membri. Questo vizio ha visto come conseguenza il radicalizzarsi della crisi nei paesi più deboli e, paradossalmente, un abbandono costante da parte dei più forti di quel metodo comunitario che, invece, come spesso ricorda il Presidente Barroso, è l’unica strada da seguire.