Il momento storico che siamo chiamati a vivere pone agli occhi del mondo importanti e complessi interrogativi politici ed economici. Questi, però, hanno una radice comune di natura eminentemente culturale. La globalizzazione sregolata, l’esplodere delle contraddizioni del mercato finanziario e l’insopportabile indebitamento di tanti Stati, per citare tre tra i più grandi “mali” dell’economia occidentale, pur nelle loro diversità e articolazioni, dipendono da un problema antropologico: il volere tutto subito, senza nessuna relazione con il bene degli altri.
Questa promozione di un individualismo istituzionalizzato, sempre più sfrenato, ha negato contro ogni ragione qualsiasi interdipendenza fra gli uomini e si è mostrata irresponsabile verso le future generazioni. Eppure non si tratta in prima istanza di un problema morale, è un problema della ragione: è contro l’evidenza negare la relazionalità come elemento essenziale della vita umana ed è contro la ragione non ammettere che la ricerca del profitto e del potere a tutti i costi affligge il desidero di verità e di giustizia che ognuno porta dentro di sé.
I problemi politici ed economici che oggi dobbiamo affrontare nascono dunque da un tradimento del desiderio umano e delle sue esigenze originali. Per questo oggi siamo di fronte a una scelta: o essere schiavi degli eventi sempre più imprevedibili e incerti, cercando di inserirci nei diversi tentativi di vecchie o nuove egemonie politiche ed economiche, oppure essere protagonisti di un cambiamento, vivendo e promovendo il lavoro e le opere come espressione di un’esperienza umana diversa, autentica, come soggetti che aprono dentro questa società spazi per una nuova socialità.
Ecco perché la crisi politica culminata con la nascita del nuovo Governo può e deve trasformarsi in un’opportunità di crescita e di rinascita per l’Italia. Ma questo potrà accadere solo se ogni componente della società civile saprà svolgere il suo compito in questo delicatissimo passaggio. Tanta debolezza della politica e tanta inefficacia degli interventi della Pubblica amministrazione dipendono proprio dal fatto che nel Paese la società si è come atomizzata e quindi si è molto indebolita sebbene spesso sia proprio lo Stato a relativizzare o addirittura ostacolare le iniziative delle persone e dei corpi intermedi. Occorre ricordarsi proprio in questi tempi, dove tanti guardano alla politica con un’attesa quasi messianica, che lo Stato dipende da presupposti che esso stesso non è in grado di creare e che si generano nella società stessa. Più società fa bene allo Stato, sempre.
Ebbene, questa impostazione può rappresentare una bussola anche per il nuovo Governo, che ha le condizioni per poter dare un contributo decisivo alla crescita del Paese. Si tratta prima di tutto di liberare e valorizzare le risorse presenti: un tessuto sociale sufficientemente forte anche se appesantito da molti oneri, un senso della famiglia sempre presente anche se con qualche fragilità, un’imprenditorialità diffusa sia nelle imprese profit, sia nelle imprese sociali con notevoli capacità innovative e un particolare gusto per l’eccellenza. Solo in questa prospettiva si potranno anche accettare degli ulteriori sacrifici, purché l’insieme delle diverse proposte, nella previdenza come nel sistema fiscale, arrivino a un equilibrio generale dove il sacrificio chiesto ai singoli non diventi mortificante.
È decisivo anche il rapporto con l’Unione europea. L’Unione ha una valenza così rilevante per la pace e la prosperità di tutti paesi che la compongono che vale la pena affrontare le inevitabili difficoltà con uno spirito costruttivo e difendere con fermezza quelle posizioni culturali e politiche che hanno dato origine ai trattati di Roma. L’interdipendenza fra i paesi dell’Unione non è sempre facile, tant’è vero che tutta l’Unione europea sta ripensando se stessa, le sue relazioni interne ed esterne. Ma proprio per un tale impegno è pericolosa la superficialità con la quale vengono accreditate dietrologie e teoremi complottistici sulle intenzioni di istituzioni europee o addirittura di altre nazioni.
La cosa più importante è che l’Italia torni a vivere all’altezza della sua vocazione storica, realizzando e promuovendo una civiltà basata sul valore e sull’impeto creativo della persona. Il nuovo Governo si è formato grazie a una collaborazione fra il Presidente della Repubblica, la maggioranza e le forze dell’opposizione. L’auspicio, che è anche un dovere per tutti, è che partendo da qui possa svilupparsi un clima di dialogo orientato al bene del Paese, capace di superare definitivamente quella litigiosità e faziosità che è stata una delle cause della crisi politica. Da questo dialogo, come ai tempi della Costituente, potrebbe nascere quella riforma del sistema elettorale capace di restituire all’elettore la libertà di scegliere i propri candidati, ridimensionando l’oligarchia che oggi caratterizza – volenti o nolenti – i raggruppamenti politici.