Ieri a Bruxelles, per la prima volta da quando è Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi si è confrontato in un dibattito in aula al Parlamento europeo. La relazione sull’attività della Banca centrale europea è stata un’occasione per il neo presidente di chiarire alcuni importanti nodi legati al ruolo della Bce e agli obiettivi per il prossimo periodo. Il primo obiettivo, secondo Draghi, è quello di “ricostruire la credibilità nell’area dell’euro: dobbiamo fissare un ancoraggio che guardi al futuro, dobbiamo ridisegnare le regole fiscali, serve un accordo per corroborare la fiducia di tutti i paesi nell’area dell’euro. I prossimi giorni saranno cruciali per dirci se potremo conseguire dei progressi su questa strada. Questo è importante, perché è la chiave per creare le altre due fondamenta. Creare dei meccanismi finanziari nell’area euro. Abbiamo il Fondo salva-stati, ma dobbiamo creare la fiducia nel suo essere operativo. Il terzo pilastro è la risposta in termini di politiche nazionali. Su questo le acque si stanno muovendo, stiamo raccogliendo risultati significativi. I paesi si stanno rimettendo in marcia, ma quello che conta sono le riforme, che non dovranno solo essere di bilancio, ma strutturali che guardano alla crescita e alla competitività”.
Il Presidente Draghi ha poi chiarito in maniera molto incoraggiante quale deve essere il ruolo della Bce in questo contesto. “La Bce è un prestatore di ultima istanza delle banche solventi. Il problema non è la liquidità, il problema è che la liquidità non circola. La Bce deve riparare il circuito del credito, affinché il credito sia nuovamente linfa vitale, soprattutto per le piccole e medie imprese, perché sono quelle che ne hanno più bisogno. Noi dobbiamo fare in modo che il canale del credito riprenda a funzionare. Abbiamo osservato una forte stretta creditizia nell’ultimo periodo che combinata con il ciclo recessivo ha creato enormi problemi”.
Oggi nessuno chiede alla Banca centrale europea di tracimare rispetto ai propri compiti, le si chiede però un contributo di visione. La Bce può esercitare questo contributo di visione certo andando a fondo di quella che è la propria natura, e quindi svolgendo il proprio ruolo fino in fondo, ma anche aprendosi a un dialogo con il Parlamento europeo, che è istituzionalmente preposto a essere suo interlocutore per garantire la democraticità delle decisioni adottate nell’area euro e più in generale in Europa.
Nella Risoluzione del Parlamento sulla relazione annuale della Bce si difende l’Euro affermando che “senza l’euro la crisi finanziaria globale sarebbe stata di gran lunga peggiore per tutti i paesi europei come indicato dalle costanti svalutazioni subite dalla sterlina inglese, tradizionalmente solida, e dall’inflazione a essa connessa; senza l’euro, i paesi del nord Europa non si sarebbero ripresi così rapidamente, come è avvenuto dal 2009, attraverso il loro modello basato sulle esportazioni. Di fatto, se il marco tedesco esistesse ancora oggi, sarebbe talmente forte nei confronti del dollaro e delle altre valute mondiali che la crescita del Paese ne risulterebbe danneggiata. La conseguente deriva morale ed economica avrebbe avuto conseguenze terribili per tutti i paesi coinvolti”.
È di tutta evidenza che nel momento in cui la Banca centrale europea giudicherà le ipotesi contenute nella risoluzione pertinenti, noi avremo dato la possibilità alla politica di venire fuori dal guado. Questo mi sembra il problema di fondo, siamo in mezzo a un guado e le indecisioni possono essere fatali. E se il guado non verrà superato, in fondo a questo percorso c’è il conflitto, un conflitto dalle conseguenze imprevedibili. Se le istituzioni europee non avranno il coraggio di andare avanti con delle proposte convincenti e se non si rassegneranno a scelte di politica nazionale e all’antica visione nazionalistica, inevitabilmente saranno preda della corrente e saranno spazzate via.
In questo momento, la vera discussione si concentra sulle misure economiche e finanziarie, ma anche sulla natura della nostra democrazia. Se non avremo la forza di spiegare ai cittadini europei di che cosa stiamo discutendo e di fare capire loro quali sono le reali cause dei problemi e le possibili soluzioni, verremo travolti da un’altra corrente ben peggiore, che è quella di un qualunquismo che sempre più si diffonde, di uno scetticismo che sempre più si diffonde e che prenderà le distanze dall’intero progetto europeo.