Il Natale riaccade in una situazione che sembra insostenibile. L’uomo e la società forse stanno morendo, come diceva molti secoli fa sant’Ireneo di Lione, padre della Chiesa (“È possibile che l’uomo muoia”) o – come affermava il Beato Giovanni Paolo II – che l’uomo muoia nella sua umanità. L’egoismo individualistico, teso a ottenere il massimo di benessere in tutti i campi della vita e dell’attività umana, si accompagna ormai alla pratica della violenza come metodo per risolvere questioni individuali e sociali. Una teoria di omicidi e suicidi segna di sangue la vita della società, dal singolo alle famiglie e alle altre strutture della vita sociale. L’uomo sembra vivere una vita in cui l’espressione “vita” tende a identificarsi con la pura sopravvivenza fisica, in un mondo senza ideali e quindi senza grandezza, senza quel desiderio del vero, del bene, del bello e del giusto verso il quale sempre tende ciò che don Luigi Giussani definiva il “cuore” dell’uomo.



La tenebra che si addensa sulla nostra vita ci impedisce di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Ma, nella profondità di questa tenebra – come ricorderà la prima straordinaria lettura della Liturgia natalizia – il popolo vede improvvisa una grande luce. Cristo è questa luce di Dio sulla vicenda umana. Cristo è questa rivelazione definitiva, figlio dell’uomo e figlio di Dio. Cristo presente rende possibile un cammino umano restituito alla propria verità ed orientato verso il compimento della vita nuova che da Cristo passa in coloro che lo seguono.



Per questo noi cristiani, almeno nei giorni del Natale, dovremmo superare la tentazione di ridurre l’avvenimento di Cristo ad occasione per qualche pia pratica di pietà o a motivazione per qualche impegno di carattere solidaristico, come si ama dire non avendo più nemmeno il coraggio di dire la parola Carità.

Dobbiamo stare di fronte al Bambino Gesù, in cui c’è già tutta la divinità del figlio di Dio e tutta l’umanità del figlio di Maria. Dobbiamo stare davanti a Gesù Bambino riconoscendo che è l’unica possibilità di vita, per l’uomo e per il mondo. Dobbiamo chinarci davanti alla mangiatoia di Betlemme per riconoscere esistenzialmente, cioè attivamente, che quello che è impossibile all’uomo Dio lo ha fatto. Dio è venuto e viene nella vita umana e la vita umana si anima di una chiarezza, di una certezza, di una verità, di un bene nel quale soltanto l’uomo può cominciare un cammino nuovo, dignitosamente umano.



Il Natale non è soltanto il contenuto della nostra fede. Il Natale è la motivazione del nostro movimento nel mondo. Movimento di intelligenza e di affezione, movimento che ci spinge a cercare ogni uomo che ci vive accanto come interlocutore della Grande Proposta che Dio fa ad ogni uomo. Credere e camminare sulla strada della missione. Per questo le feste del Natale si concludono nell’Epifania, grande rivelazione di Cristo nella Chiesa perché essa possa incominciare il suo cammino missionario.

Mai come adesso la presenza di Gesù Cristo, cioè la missione dei cristiani, è l’alternativa al nulla.