L’anno che sta finendo ci ha talmente schiacciati sotto una valanga di parole che non sarò certo io ad aggiungerne altre proponendo bilanci o offrendo strategie economico-finanziarie sul modo di uscire dalla crisi.

Vorrei solo mettere così, una a fianco dell’altra, due notizie di questi giorni, due piccole notizie, dalle quali però c’è molto da imparare.

La prima riguarda una specie di sommossa dei viaggiatori dei treni Eurostar dove vige il nuovo regime non più a due classi, ma a quattro: “standard”, “premium”, “business” e “executive”. Un viaggio da Milano a Roma costa rispettivamente 86, 100, 116 e 200 euro.

Non oso immaginare il paradiso di delizie destinato a chi caccia 200 euro: immagino champagne, manicure giapponesi, escort. Comunque anche 86 euro non sono pochi. Invece – ecco la ragione della sommossa – per 86 euro vige un regime di semireclusione, col passeggero impossibilitato perfino ad accedere alla carrozza-bar.

Così, mentre l’altoparlante annuncia le meraviglie della carrozza 5, con “bevande calde e fredde, tranci di torta” ecc., chi ha pagato solo 86 euro se ne sta sotto chiave. Eppure con 86 euro contribuisce anche lui a mantenere i numerosi dirigenti e dipendenti di un’azienda (Trenitalia, se non sbaglio) che gode del regime di monopolio e può perciò fare quello che vuole, dividendo i viaggiatori in tipologie di spesa, un po’ come fanno le imprese di pompe funebri, che però si occupano di cadaveri.

La seconda notizia viene dall’Umbria, precisamente da Torgiano (Pg) dove una donna anziana e povera, pizzicata a rubare carne in un supermercato, è stata presa in consegna dai carabinieri, i quali – senza poter cancellare la denuncia – hanno però offerto alla signora un pranzo al ristorante, oltre a regalarle la spesa che la poveretta non poteva fare.

Adesso la giustizia farà il suo corso, e la signora dovrà comparire davanti al giudice il quale, immagino, farà il suo dovere senza però dimenticare l’azione dei carabinieri.

Quello che mi diverte è mettere in fila i fatti. Abbiamo: a) un supermercato che non ne può più dei furterelli quotidiani, e ha ragione a denunciare chi ruba; b) una signora che ha rubato, e l’ha anche ammesso con sincerità, vergognandosi molto; c) un gruppo di carabinieri che avranno pure tutti i difetti del mondo, barzellette incluse, ma che hanno compiuto un meraviglioso gesto di pietà, che nessuno aveva chiesto loro e che non faceva parte delle loro mansioni ordinarie. Perché ho messo insieme queste due piccole notizie? Perché nella differenza tra l’una e l’altra troviamo, senza dover fare la fatica di andarcela a cercare, tutta la componente antropologica di cui abbiamo bisogno davanti a un 2012 che a molti fa paura.

Da una parte troviamo, riassunta in poche immagini, tutta l’idea di sviluppo di cui sembra essere capace un’azienda pubblica in regime di monopolio.

Poiché l’Alta Velocità è sicuramente un fattore di sviluppo, come lo erano le traversate atlantiche ai primi del ‘900, le tariffe vengono divise favorendo in modo esclusivo (di esclusioni si tratta, infatti) quelli che – secondo la vecchia ideologia pubblica, che speravamo morta da un pezzo – producono sviluppo, ossia non chi lavora ma chi ha i soldi e, avendoli, non li spende: più la classe di viaggio s’innalza, più – c’è da scommetterci – aumenta la percentuale dei rimborsati. Insomma, vengono favoriti quelli che non pagano di tasca propria. Com’è sempre successo.

Dall’altra parte troviamo una novità piena di luce: un po’ di pietà per l’uomo, che spinge chi ha un compito a fare un passettino oltre questo compito e una volta tanto gli evita di pronunciare l’odiosa frase “la cosa non compete a me”. La signora, rea di un furto da 20 euro, si prenderà volentieri la responsabilità di quello che ha fatto perché adesso ha davanti a sé l’esempio di chi ha saputo assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, che non si limitano allo svolgimento delle proprie mansioni.

La differenza sta nel fattore umano. In queste due storie abbiamo uomini da una parte e uomini dall’altra. Ma quanto a umanità c’è una bella differenza.

Un altro esempio. Un mio amico ha regalato per Natale una poltrona a sua moglie, e per non pagare il trasporto è andato a ritirarla direttamente in fabbrica, rimanendo stupito dall’amore e dall’attenzione che tecnici e operai avevano per il lavoro che stavano compiendo. Un altro mio amico, invece, mi ha detto che la multinazionale per cui lavora ha promesso ai suoi azionisti un grosso incremento del fatturato, per ottenere il quale ha dovuto e dovrà – per una quota pari a tre quarti dell’incremento – licenziare i suoi dipendenti.

Ora, non è compito mio fornire ricette per l’uscita dalla crisi, ma io sono certo che il fattore umano sarà decisivo. E il fattore umano si realizza – come insegnano i carabinieri di Torgiano e i mobilieri dell’ignota fabbrica – in quel “di più” al quale noi diamo nomi come Gratuità, Dono, e così via.

La crisi non ci ha resi aridi, ma ha reso visibile l’ardità che c’era già. Per il 2012 il mio augurio è che parole come Gratuità e Dono (che è prima di tutto dono di sé, fino al sacrificio, come ha fatto Sandro Usai, l’eroico volontario di Monterosso morto durante l’alluvione di novembre dopo aver salvato due persone) tornino a circolare nella normalità delle nostre giornate. Così saremo anche meno soli e avremo meno paura del futuro.