Capire la rivolta araba

Per molto tempo avremo a che fare con la rivolta araba e per molto tempo dovremo spingere la ragione a conoscere e comprendere la situazione

Per molto tempo avremo a che fare con la rivolta araba e per molto tempo dovremo spingere la ragione a conoscere e comprendere una situazione la cui complessità è troppo alta. Alcuni elementi appaiono comunque chiari, e tra questi il primo e più importante è che le singole vicende nazionali sono molto differenti l’una dall’altra.

In Bahrein e in altri Paesi del Golfo conta la frattura sempre più grave tra sunniti e sciiti rilanciata da quella specie di guerra civile in atto in Iraq e potenziale in Libano. In Tunisia hanno contato l’insofferenza delle generazioni istruite e la presa soffocante sull’intero Paese della famiglia (e cioè di alcune centinaia di persone) della moglie del presidente Ben Ali. In Egitto le condizioni di povertà estrema di quasi metà della popolazione e la mancanza di prospettive sul futuro. In Libia è certamente forte la componente islamista assieme alla massiccia ripulsa della figura del Colonnello e del suo clan.

L’Algeria si colloca a metà strada tra Egitto e Libia e così lo Yemen. In Iran, di cui si sta parlando troppo poco, si tratta della vecchia e pura insopportabilità del dispotismo islamico degli ayatollah. Perciò ci saranno sviluppi diversificati ed è probabile che prima o poi arriveranno anche gli altri: la cupa Siria o le monarchie “illuminate” di Giordania e Marocco o addirittura l’Arabia Saudita. Ma non è certo, dipenderà da come i rispettivi governanti sapranno sopravvivere al tramonto dei loro vicini.

Ma se sono così diverse le situazioni, come è potuto propagarsi l’incendio scoppiato all’inizio nella piccola e poco influente Tunisia? Perché è evidente che ci sono dei fattori comuni e uno di questi è proprio l’“arabità”, il sentimento di far parte di uno stesso “mondo” al di là di tutti i particolarismi nazionali, a volte ferocemente incentivati dai leader (ancora voglio citare un illuminante libretto: L’infelicità degli arabi del giornalista libanese assassinato nel 2005 Samir Kassir).

In tempi moderni uno dei collanti di questo sentimento profondo è l’ostilità contro Israele, in uno spettro che va dalla critica alla politica dello Stato di Israele, diffusa negli ambienti cristiani, all’antisemitismo vero e proprio. È un elemento tra i tanti, ma tra i più contundenti: basti pensare al comizio-predica di Youssouf Qaradawi nella piazza del Cairo di qualche giorno fa.

 

Un secondo fattore è l’esplosione contagiosa del desiderio di una nuova vita: la libertà, soprattutto, nelle sue espressioni civili economiche sociali individuali, e poi il bisogno di maggior benessere, conoscenza, autenticità.

 

Un terzo è la cancrena terminale del modello dei regimi autoritari “laici” o a basso tasso di islamismo, quelli nati dal baathismo, dal nasserismo, dai colpi di Stato; un modello che in campo religioso era impostato sullo scambio “preghiera nelle moschee e poteri al rais”, includendo in esso una certa libertà religiosa per le minoranze cristiane – e da qui dipendono gli odierni timori delle gerarchie delle chiese.

Oggi tutti, in Oriente e Occidente, ci domandiamo ansiosamente cosa succederà. Alcuni sono già iscritti al partito del “si stava meglio quando si stava peggio”, altri a quello del tardivo recupero della già fallita “Freedom Agenda” di Bush, altri ancora sono dilaniati dal dilemma democrazia-stabilità. Di fatto sono tutte posizione anacronistiche, cioè fuori tempo, fuori da una realtà che straripa come i fiumi d’autunno e che porta con sé il facile e il difficile, il chiaro e l’incomprensibile, il fondamentalismo islamico e la mossa imperiosa della libertà, i sussulti di un vecchio mondo e i germogli di una nuova comprensione tra cristiani e musulmani, il mistero stesso di una serie di eventi così sconvolgenti (il mistero è connaturato alla realtà).

 

Questa realtà non verrà ingabbiata dagli schemi, né fermata dalle paure, ma continuerà a sfidare gli uni e le altre. E a provocarci con il suo richiamo: costruire, costruire, costruire.

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