“Il cristianesimo ha solo bisogno di verità”. Citando questa frase di Leone XIII, Vittorio Messori, con il suo articolo apparso lunedì scorso su Il Corriere della Sera, ha sottolineato un aspetto fondamentale all’interno del dibattito sulle radici cristiane dell’Europa.

Allo stesso tempo, proprio per rispetto della verità, vorrei precisare qual è lo stato dell’arte nelle istituzioni europee, che si comportano da alcuni anni a questa parte in maniera estremamente diversificata. Il Parlamento europeo, infatti, dalla fine del 2007 a oggi, ha compiuto alcuni significativi passi in avanti verso il superamento di quella “ideologia egemone, la political correctness”, a cui fa riferimento Messori.



Sono ben quattro le risoluzioni con riferimento chiaro e inequivocabile alla persecuzione dei cristiani che sono state approvate da Strasburgo negli ultimi tre anni e mezzo. L’ultima di queste, approvata a metà gennaio 2011, contiene alcune innovazioni che fanno giustizia di quello che a lungo è apparso un improprio imbarazzo.



Per la prima volta, si chiede all’esecutivo dell’Unione europea di vincolare gli accordi commerciali che l’Ue sigla in tutto il mondo al rispetto dei diritti delle popolazioni cristiane e di tutte le minoranze. Si chiede anche di procedere all’attivazione di un organismo europeo di monitoraggio del livello di libertà religiosa nel mondo.

Durante il dibattito su quest’ultima risoluzione, svoltosi prima della votazione in aula in risposta all’intervento dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, ho rimarcato come questa avesse scientemente evitato di utilizzare la parola “cristiani”, nonostante la discussione fosse incentrata appunto sulla “situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa”. Dopo l’approvazione della risoluzione in Parlamento, il testo è stato trasmesso al Consiglio.



Il testo preparato dal Consiglio europeo confermava l’impostazione della Commissaria, senza la parola “cristiani”, ma ignorando anche le due proposte d’azione effettuate dal Parlamento. È stato partorito quindi un documento privo di qualsiasi iniziativa concreta in aiuto delle minoranze cristiane perseguitate. Un documento vuoto e inutile, che conferma la patologia laicista in seno alle due istituzioni europee più potenti.

Da quanto è emerso dai negoziati, uno dei paesi che maggiormente hanno osteggiato il riferimento esplicito ai cristiani è stata la Gran Bretagna, perché, secondo Londra, potrebbe comportare un irrigidimento da parte delle componenti islamiche nei paesi musulmani.

 

Fortunatamente, all’interno del Consiglio europeo, non c’è un pensiero unico e totalizzante: il rinvio dell’approvazione del testo, risultato a questo punto molto positivo, è merito di quei Governi, (guidati da quello italiano), che si sono opposti con fermezza a una soluzione che sarebbe stata inutile, anzi avrebbe bloccato sul nascere le importantissime novità che erano arrivate dal parlamento europeo.

 

“Ho ritenuto, proprio perché il testo proposto non menziona le comunità cristiane come vittime di gravi atti di violenza, che la credibilità europea sarebbe stata seriamente minata dalla sua eventuale approvazione”. Questo è quanto dichiarato lunedì dal Ministro Frattini. La strada è ancora in salita, ma questo rinvio evidenzia una spaccatura che ci da un po’ di tempo per sperare di convincere i Governi più “riottosi” della contraddittorietà delle posizioni da loro espresse.

 

Credo, infatti, si sia trattato dell’ennesimo tradimento compiuto da quella ostinata minoranza dei governi europei nei confronti di quegli ideali che hanno permesso la nascita e il fiorire di quel progetto che chiamiamo Europa unita.