Porto Rico è stata scoperta da Cristoforo Colombo il 19 novembre del 1493, durante il suo secondo viaggio nelle Americhe. L’8 agosto del 1511, cinquecento anni fa, papa Giulio II creò la diocesi cattolica di Porto Rico, nominando vescovo Alonso Manso, che prese possesso della diocesi nel 1513, diventando il primo vescovo arrivato in America. Il 24 gennaio del 1522 venne fondata la chiesa di San José, la più vecchia chiesa tuttora officiata in America.

Nel 1898, a seguito della loro lotta per l’indipendenza, molti Paesi dell’America Latina divennero indipendenti dalla Spagna. In questa occasione, venne riconosciuta dalla Spagna l’autonomia anche a Porto Rico. Non durò a lungo. Nello stesso anno, alla fine della conclusione della guerra ispano-americana, la Spagna cedette Porto Rico agli Stati Uniti. L’isola diventò così un territorio americano governato dall’esercito degli Stati Uniti.

Nel 1917, i portoricani diventarono cittadini americani per nascita. Nel 1948, venne insediato come governatore dell’isola Luis Muñoz Marín, il primo scelto attraverso libere elezioni. Nel 1950, il Congresso degli Stati Uniti concesse a Porto Rico di scrivere la propria Costituzione, che entrò in vigore nel 1952, dando luogo al cosiddetto “stato liberamente associato” di Porto Rico, tradotto in inglese con “Commonwealth of Puerto Rico”, una definizione piuttosto vaga che ha lasciato molte questioni aperte. In più occasioni, la maggioranza dei portoricani ha votato per mantenere l’attuale condizione di Commonwealth, pur non riuscendo a ottenere una maggiore definizione della sovranità di Porto Rico.

Io sono nato a Porto Rico il 7 gennaio del 1941, undici mesi prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbor e dell’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. In questa guerra morirono molti portoricani, arruolati nell’esercito come cittadini americani, anche se non avevano il diritto di votare nelle elezioni per il Congresso.

Lo status di Commonwealth ha permesso all’economia portoricana di migliorare in modo significativo. Per celebrare questo successo, cinquant’anni fa il presidente John F. Kennedy visitò Porto Rico, l’ultimo presidente ad averlo fatto fino a ieri, quando il presidente Obama ha passato cinque ore nell’isola per commemorare la visita di JFK.

Attualmente, l’economia portoricana è in gravi condizioni. La disoccupazione è sopra al 14%, la criminalità in forte aumento, collegata soprattutto al narcotraffico, e i portoricani vogliono modificare o cancellare lo status di Commonwealth. Circa la metà della popolazione vuole che l’isola diventi uno stato dell’Unione, al pari degli altri cinquanta che già ne fanno parte; quasi altrettanti vorrebbero un “Commonwealth sviluppato”, che garantisse piena autonomia all’isola; i rimanenti chiedono l’indipendenza.

Gli americani nel resto del Paese non hanno nessuna voglia di affrontare queste questioni, occupati come sono ad affrontare i loro problemi economici. Molti non sanno neppure dove sia esattamente Porto Rico. C’è però un gruppo che presta attenzione alla questione, e cioe la leadership ispanica, che intravede la possibilità politica di uno stato ispanico nell’Unione.

Da aggiungere poi, che ci sono più portoricani negli Stati Uniti che nell’isola stessa, quasi un milione di più. Costoro possono votare sia per il presidente che per il Congresso e aspettano di vedere le posizioni di Democratici e Repubblicani nei confronti della questione portoricana. Molti di essi vivono nei cosiddetti “stati in bilico”, come la Florida o il Texas, che possono essere determinanti nelle elezioni presidenziali. Anch’io sto aspettando di vedere…

Quando leggerete questo articolo, il presidente Obama avrà già lasciato Porto Rico, tornando a Washington, comunque vada, con milioni di dollari ottenuti nella raccolta di fondi effettuata a San Juan. Ci vorrà però più tempo per stabilire se questa sua visita all’isola gli ha fatto guadagnare il voto dei portoricani sul continente.