Il sonno della ragione genera mostri, d’accordo, e Goya è riuscito a dare corpo agli incubi, ai fantasmi, alle molteplici forme maligne che popolano la mente dell’uomo quando è schiacciato il pulsante off. Ma per un altro e più diffuso aspetto, il sonno della ragione genera “soltanto” assenza di idee (e di ideali): nessuna spinta, nessuno slancio, ma solo routine sempre più bassa, solo funzioni vitali portate al livello minimo.
Le due situazioni sono pericolose allo stesso modo: la prima paralizza con la paura, la seconda paralizza con l’autoriduzione umana ai livelli della sopravvivenza fisiologica. La prima situazione è più rara e quando occorre deflagra con la forza di un vulcano (come quello cileno di queste settimane); la seconda si insinua nel giorno per giorno, fino a diventare impercettibile, anche se per farlo deve chiudere gli occhi davanti alla realtà.
Prendiamo il “dibattito” politico di questi mesi. Non si può dire che non abbia avuto occasioni per trovare elementi di drammatica grandiosità e attraverso questi ridare respiro a un Paese affannato dal proprio rinchiudersi (Censis). Invece, occorre mestamente rassegnarsi al mantra sull’Italia di tanti amici stranieri amanti dell’Italia: la vostra politica (intesa in senso lato e non soltanto come “classe politica”) vi sta spegnendo.
Consideriamo l’attualità internazionale. Stiamo cercando (noi Paesi occidentali) di eliminare Gheddafi dalla scena del mondo e per questo stiamo bombardando continuamente una popolosa capitale; ma di questa situazione mostruosa (alla Goya) viviamo solo i riflessi che proietta sul nostro minuscolo cortile: quanti immigrati, quanti soldi vanno risparmiati ritirandoci dalle operazioni… La faccenda libica, che è di quelle epocali per il nostro pianeta, ridotta al vivacchiare delle polemiche nostrane sulle pagine dei giornali.
Dunque: ragione in stato di incoscienza, il gigantesco dramma in corso isterilito in un battibecco nel quale della Libia non importa nulla a nessuno, salvo coloro che se ne “devono” occupare. Zero idee, per non parlare degli ideali. Ma la Libia è arrivata dopo i mesi delle grandi rivolte di Tunisia ed Egitto. E su questo punto la povertà della politica (sempre in senso lato) si è coniugata con quella dei grandi mass media. Coniate alcune formule (“la rivoluzione di Facebook”) e sollevata la domanda sugli estremisti islamici in agguato, non hanno fornito altri servizi “di approfondimento” (Rai dove sei?).
Giustamente ha notato lo studioso Vittorio Emanuele Parsi in un notevolissimo incontro promosso da Oasis in questi giorni: “Ci siamo domandati: che cosa succederà a noi a causa delle loro rivoluzioni?”. Simili fenomeni di impoverimento mentale, di scarsità di risorse ideali, li dobbiamo registrare anche davanti a grandi questioni “interne”: la demografia, la famiglia, la giustizia, la scuola. Non sono questi i temi che dovrebbero far accendere gli ospiti di Ballarò e infiammare gli intervistati del Tg1? Che dovrebbero coalizzare gruppi parlamentari di veri “responsabili”? E impegnare le ore di coloro che vorrebbero essere considerati “nuovi” politici?
Tempo fa Nanni Moretti prendeva in giro “er dibattito” (romanesco), quella mania di aprire discussioni fondamentali su tutto. Oggi, però, siamo nel contrappasso dantesco: paginate su Bisignani, serate tv di improbabili festival canori, liti ferocissime sui contratti di Fazio e Floris (mentre la Gabanelli pretende giustamente la copertura legale e l’Annunziata protesta contro le “mafie di RaiTre” che a suo dire non la valorizzano abbastanza – un altro caso di chiagni-e-fotti di cui è maestro Santoro), il federalismo risolto nel portare lo Stato a Milano e Monza.
Dobbiamo dare ragione a Pannella che sciopera per una causa santa: le carceri. Nemmeno su questo obbrobrio, che tutto sommato richiederebbe uno sforzo piccolo, la politica (sempre in senso lato) trova un sussulto di idee e ideali. Che pure esistono e circolano (come nell’incontro di Oasis a proposito delle rivoluzioni arabe) e sono l’ossigeno che alimenta la ragione, tenendola ben sveglia.