Fortunatamente il nostro mondo resta capace di sorprendere. Nessun leader, nessun think tank, nessuna chiesa, analista, imam, studioso, agente segreto, indovino, viaggiatore, blogger, non c’è stata una persona al mondo che ha immaginato piazza Tahrir, Cairo. E’ accaduto senza previsioni né programmazioni. Un fatto che ha coagulato in un luogo e in un tempo ciò che certamente fremeva ma non aveva un nome, sentimenti sotterranei, sogni inconfessabili, idee da sempre chiuse nel doppiofondo della mente. Un istante, una mossa, e tutto questo è divenuto storia.
E’ consolante, e anche rassicurante, vedere come la vita del singolo sia intessuta delle stesse dinamiche della vita del mondo, del grande palcoscenico dove nessuno di noi normali pensa solitamente di svolgere un ruolo significativo. Un amore, un dolore, un “imprevisto” e tutto cambia dentro e intorno a te. Le idee che avevi, i fatti che erano accaduti, la tua casa, il lavoro, l’amico, girano in modo diverso, prendi altre decisioni, rinunci, guardi altrove.
Mettiamo in campo tutti i possibili marchingegni per guidare sicuri, mantenere il controllo e le prospettive che abbiamo dato alla nostra vita. Ma quando arriva la svolta tutte le nostre armi si rivelano spuntate. Occorre un’altra risorsa, un’altra forza. Nella storia della Tunisia la svolta è arrivata con un povero giovane ambulante che si è dato fuoco. Un dolore imprevisto, una disperazione fuori controllo hanno polverizzato un sistema meticolosamente costruito per evitare sorprese, per stare tranquilli, per eliminare l’incognito dal panorama politico (la cattiva politica, che è quella più praticata anche nella nostra machiavellica patria, è fatta apposta per sfuggire alla grandezza dei fatti che accadono al di fuori della volontà di chi comanda, o crede di comandare).
Un evento così ha richiamato le poderose e incoscienti forze che sempre circolano nella vita di un popolo. La scintilla di un big bang. E’ una fortuna che anche la storia “funzioni” in questo modo, lasciandoci senza fiato e senza difese preordinate. Grandi potenze e grandi potenti si devono arrendere come tutti, la strategia non esaurisce la realtà, Matrix ha un buco nel codice di programmazione. Allora l’urgenza non è qualificare moralmente una svolta. Un bene d’inizio può provocare del male (ad esempio se i salafiti dovessero mai andare al potere in Egitto), oppure un trauma può sfociare nel bene, e un meglio può a lungo convivere con un peggio e così via, le combinazioni sono tante.
Dunque il tema non è quale aggettivo apporre all’imprevisto storico, ma quale risorsa è necessaria per viverlo appieno, per raccoglierne tutta l’invitante provocazione di intelligenza e responsabilità. Si dice anche “rispondere al reale”.
Cresce perciò l’attesa per il Meeting di quest’anno che vibrerà tutto dell’impatto con la Grande Sorpresa Araba, a partire da quel piccolo grande seme che è stato e continuerà ad essere il Meeting del Cairo. L’infelice regione del mondo che secondo gli indici di sviluppo umano dell’Onu peggiora ogni anno, sottoposta alla massima tensione geopolitica, soffocata dall’alternativa tra dittatori e imam, senza libertà e senza speranza, ferita da una gravissima “questione cristiana”; ebbene questa terra è stata capace di stupire e riaprire la partita che sembrava compromessa per sempre.
La convenienza politica ha portato tanti occidentali a pensare come i rais, i talebani e autorità islamiche di ogni scuola che non tutti gli uomini sono fatti per la libertà (quando ho sentito questo giudizio dall’amico Wael Farouq ho provato vergogna) e a negarsi la verità più semplice e travolgente di tutte: “ognuno di noi desidera la felicità” (esordio del cardinale Jean-Louis Tauran alla presentazione del Meeting avvenuta recentemente all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede). Gli eventi hanno fatto giustizia di certe menzogne. Ciò non garantisce di per sé un futuro di bene ma aiuta a combattere la buona battaglia del presente.