A parte la tragica raffica di vento che ha distrutto un palcoscenico nella fiera dello stato dell’Indiana, causando la morte di almeno cinque giovani che si stavano preparando per l’inizio di un concerto rock, le notizie principali dell’ultima settimana negli Stati Uniti sono state la crisi economica e la campagna per le elezioni presidenziali del prossimo anno.

Per quanto riguarda la campagna presidenziale, i fatti più interessanti sono avvenuti in campo Repubblicano, dove è entrato in scena un nuovo candidato: il governatore del Texas Rick Perry, che si pensa possa minacciare la candidatura dell’ultraconservatrice Michele Bachmann (amata dal Tea Party) e del più moderato Mitt Romney (sostenuto dall’apparato di partito). Perry sembrerebbe avere esperienza e carisma per piacere a entrambe le parti.

Dalla parte dei Democratici, la domanda principale è se il presidente Obama (un “presidente ferito”, come lo ha definito un importante commentatore) abbia il tempo e la forza per superare la perdurante crisi della disoccupazione.

Tuttavia, secondo tutti i commenti, opinioni, sondaggi, nessuno sembra proporre nuove idee su come rispondere ai problemi degli elettori. 

È interessante, in questo contesto, l’editoriale di Neal Gabler nell’ultimo Sunday’s New York Times intitolato “L’inafferrabile grande idea”, che sottolinea proprio questo punto. Secondo Gabler, l’attuale mancanza di idee non vuol dire che oggi siamo meno intelligenti, ma che ci interessa molto meno che in passato scoprire, promuovere e difendere il senso o significato ultimo della realtà. Viviamo, sostiene, in un “mondo del dopo-idea”. Nessuno (almeno tra i leader culturali) si interessa molto alle intuizioni che offrono nuovi modi di vedere e comprendere il mondo attorno a noi.

Questo mondo post-illuminista ha rinunciato alla razionalità, osserva Gabler. Ognuno dà valore alla propria opinione, ma non ha alcuna fiducia nella possibilità di convincere altri della propria verità. La stessa cosa per quanto attiene alla moralità. Ciascuno ha il proprio sistema di valori, ma senza il desiderio che questo venga accolto universalmente, né ha alcuna fiducia nella propria capacità di difendere il proprio personale sistema etico.

Gabler tratta anche del ruolo della tecnologia in tutto questo e del premio attribuito da università e aziende al successo in un mondo caratterizzato dalla specializzazione, invece che dall’universalità. Alla radice di tutto ciò, sostiene, c’è l’esplosione dell’informazione resa possibile da internet e dai mezzi di comunicazione sociale.

Gabler conclude la sua argomentazione affermando che l’informazione ha sostituito il pensiero. In passato, la raccolta delle informazioni era il primo passo nella ricerca del significato; ora, la ricerca si arresta alla raccolta di un numero sempre maggiore di informazioni. Oggi, si preferisce il conoscere al pensare.

Trovo questa impostazione affascinante, e in realtà una idea in sé vecchia, che mi spinge a cercare di capirla e giudicarla. Cambierei in essa alcune cose. Soprattutto, vorrei osservare che ciò che manca oggi non è il pensare in quanto tale, in particolare non certo il pensare ideologicamente. Ciò che è necessario è il giudizio: molti non sanno più come giudicare le idee in modo appropriato e razionale, perciò vi rinunciano e si accontentano di opinioni. 

E non è vero che la maggioranza ha rinunciato a giudicare. Essere cristiani significa riconoscere Cristo come la misura della realtà e perciò la misura della verità che è realmente universale. Così, Egli è il Redentore del mondo del “dopo-idea”.