Dove nasce la certezza?

Il tema della possibilità della certezza nella conoscenza scientifica, afferma MARCO BERSANELLI, mette in gioco in modo originale la concezione di ragione che ciascuno assume

Che cosa significa raggiungere una certezza in ambito scientifico? Quanto conta nel cammino verso la certezza l’atteggiamento del soggetto umano e il metodo con cui si interroga la realtà? E chi è nella natura l’essere umano, capace di conoscere e “dire” il reale?

Il tema del Meeting mette al centro domande come queste, che stanno al cuore dell’esperienza scientifica. Ed è proprio l’esperienza a mostrare che, in effetti, l’uomo è in grado di raggiungere “punti di non ritorno” nel suo tentativo appassionato di conoscenza della natura. Nessuno oggi può ragionevolmente dubitare, ad esempio, che la materia è composta di atomi e che ogni atomo ha una struttura interna con un nucleo circondato da elettroni. Oggi, grazie a sofisticate tecniche sperimentali, i fisici hanno ottenuto vere e proprie immagini dei singoli atomi, ma ben prima che questo fosse possibile una enorme serie di indizi e risultati indipendenti aveva messo gli scienziati di fronte a un’evidenza incontrovertibile: dubitare dell’esistenza degli atomi perché non li si poteva vedere direttamente sarebbe stato come dubitare dell’esistenza dell’America per il solo fatto di non esserci mai stati di persona.



Arrivare a delineare in modo stabile e definitivo certi tratti del mondo fisico non è l’esito di un automatismo. Normalmente, infatti, non sono i puri dati sperimentali a costituire il risultato scientifico, ma essi sono una trama di indizi, di “segni”, che gettano luce oltre se stessi e indicano nuovi aspetti del reale.



Il tema della possibilità della certezza nella conoscenza scientifica mette in gioco in modo originale la concezione di ragione che tacitamente ciascuno assume, e mette in evidenza una sorta di schizofrenia di cui soffre il relativismo oggi prevalente. Da una parte si ritiene che la scienza detenga lo scettro della certezza: se non è dimostrato scientificamente, si dice, non possiamo esserne certi. Dall’altra, il relativismo culturale trae buona parte delle sue pretese giustificazioni proprio dall’epistemologia scientifica: non possiamo mai dirci certi di un giudizio (neanche del fatto che la materia è strutturata in atomi!) perché domani ci potrà sempre essere un esperimento che smentisce la teoria.



Solo una concezione vasta della ragione, intesa come apertura sul reale secondo tutta la sua strutturale ampiezza, può rendere conto dell’esperienza di genuina conoscenza che, sia pure lentamente e non senza errori, la scienza consente di fare. Sul tema della certezza nella scienza interverrà al Meeting John Polkinghorne dell’Università di Cambridge, fisico teorico, teologo, scrittore e sacerdote della Chiesa Anglicana, co-protagonista nel 1964 insieme a Murray Gell-Mann e George Zweig della storica scoperta dei quark, i costituenti ultimi della materia nucleare.

L’uomo nell’universo è quell’essere vertiginoso in grado di “dire” la realtà, cioè di riconoscerla e di ricercarne il significato. Il linguaggio è espressione, misteriosa quanto fondamentale, dell’essere umano in quanto livello cosciente del cosmo, tanto che il linguaggio si presenta come una capacità inconfondibilmente e singolarmente umana.

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