Il Meeting 2011 si vuole paragonare con una delle questioni irrisolte dell’epoca contemporanea: in un contesto di confusione e di insicurezza, di cui l’uomo fa esperienza a ogni livello, è ancora possibile una certezza? Non è una domanda qualunque: senza certezza, infatti, è impossibile vivere. E questo riguarda tutti, indistintamente, perché tutti siamo dotati di quel “cuore” che per natura ci spinge a desiderare cose grandi, come recitava il titolo del Meeting 2010. E questo cuore è così irriducibile che sopravvive anche sotto montagne di condizionamenti e di delusioni, nella forma di un disagio a cui niente e nessuno sembra dare una risposta soddisfacente.



“E l’esistenza diventa una immensa certezza”. Il titolo del Meeting è un invito a misurarsi con un’ipotesi di lavoro proposta da don Giussani nel 1960, e oggi ancor più decisiva: l’esistenza umana è condannata a una “impotenza desolante” oppure può diventare una “immensa certezza”? Il tema è centrale nella vita di ciascuno, dal momento che la certezza decide di un modo di stare di fronte alla realtà (persone e cose) e di affrontare le circostanze senza essere sopraffatti da esse, ultimamente sconfitti anche se sistemati nel lavoro e negli affetti. Tutto nel mondo sta cambiando, tutto è in movimento: a livello di concezione della natura, dell’uomo, dei rapporti tra le persone e delle relazioni tra i popoli, in campo culturale, giuridico, economico e politico. In un contesto che muta così rapidamente, dominato dall’incertezza del futuro, l’io concreto di ciascuno di noi ha qualche chance? Possiamo accettare la sfida del cambiamento che ci viene lanciata da tutte la parti o dobbiamo rassegnarci a subire le cose fatalisticamente?



Un uomo certo di qualcosa che riempie il suo presente avanza nella realtà sicuro – pur in mezzo alle difficoltà e ai problemi di tutti – e guarda con speranza al futuro, senza essere dominato dalla paura, dal disinteresse e dall’indifferenza.

In ogni ambito dell’esistenza, personale e sociale, tutti desideriamo qualcosa di così vero da essere in grado di attirare la nostra attenzione e di mobilitare l’energia della nostra libertà. E questo desiderio – tante volte inconfessato – resiste in qualunque situazione. Come ci ricorda continuamente Benedetto XVI, proprio in un’epoca che ha voltato le spalle al desiderio della verità riemerge prepotente la domanda di un significato. Possiamo conoscere le cose come stanno, giudicare ciò che è vero, riconoscerlo e seguirlo? Oppure dobbiamo gettare la spugna? Ma allora la vita diventa la fiera delle interpretazioni – tot capita tot sententiae, dicevano gli antichi -, e vince chi fa la voce più grossa o ha in mano il potere.



Smarrita la speranza di trovare qualcosa di vero, ci si può illudere di trovare la propria consistenza – perché bisogna pur vivere – in rapporti sottomessi alla fragilità degli umori e delle voglie, che alla fine lasciano solo più vuoti e più tristi davanti al “misterio eterno dell’esser nostro” (G. Leopardi) irrisolto.

Proprio a questo livello si colloca la pretesa cristiana. Don Giussani spiegava così il senso della frase che dà il titolo al Meeting: “Non è l’uomo che perde i suoi confini e le sue infermità, è un Altro che si accompagna all’uomo ‘come gigante sulla sua strada’. Una nuova esistenza s’avvera: e alla sorgente di questa ‘nuova creatura’ nella fragile vena umana s’inserisce misteriosamente l’impeto irresistibile della presenza di Dio. La forza dell’uomo è un Altro, la certezza dell’uomo è un Altro” (L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperienza, Rizzoli, Milano 2006, p. 109).

Coi suoi quasi quattromila volontari, le centinaia di relatori, le mostre e gli spettacoli, il Meeting intende documentare che l’esperienza cristiana è sorgente di una conoscenza nuova, e quindi di una certezza che è la migliore risposta al nichilismo e al relativismo imperanti – che sconsigliano di cercare qualcosa di duraturo, tanto sembra impossibile da trovare -, ed è l’unica strada per cambiare senza perdersi lungo il cammino della vita.

Alla preoccupazione che anima il Meeting 2011 cercherà di rispondere innanzitutto Costantino Esposito, docente di Storia della filosofia nell’Università degli Studi di Bari, con un intervento sul titolo scelto per questa edizione. Una riflessione sulla modernità alla luce della “inevitabile certezza” sarà proposta dal filosofo francese Fabrice Hadjadj. E padre José Miguel Garcia, della scuola biblica di Madrid, curatore della mostra Con gli occhi degli apostoli: una presenza che travolge la vita, proietterà i visitatori nella Cafarnao del primo secolo, documentando l’irrompere della certezza nella vita dei contemporanei di Gesù.

Un aiuto ad approfondire il tema del Meeting è offerto dalla presentazione del nuovo libro delle Equipe degli universitari di CL, Ciò che abbiamo di più caro: dalla testimonianza di don Giussani emerge l’indicazione della strada per fare esperienza di una certezza, la sola adeguata per uscire dalla confusione e dalla paura: “Amici miei, emergenza uomo! Il nostro compito è quello di ridestare l’identità dell’uomo in questa dissociazione universale, produttiva del potere e quindi necessaria al potere. Ridare all’uomo la sua identità. E la sua identità è un rapporto assoluto, vale a dire sciolto da qualsiasi determinazione. È qualcosa che lo pre-occupa, che è in lui – perché non c’era, adesso c’è, perciò gli è dato -, è il rapporto con il Mistero che lo fa. È una percezione della realtà che nasce dal di dentro, percezione conoscitiva e affettiva, che si sviluppa come lavoro in giudizio e in prassi creativa” (L. Giussani, Ciò che abbiamo di più caro, Rizzoli, Milano 2011, p. 69).

“O protagonisti o nessuno” era il titolo di un Meeting di qualche anno fa. Per meno di questo non vale la pena di sacrificare una settimana di ferie per venire a Rimini e più tempo ancora per organizzarlo e costruirlo. Buon Meeting a tutti.